Vi siete mai chiesti che cos’è la realtà? No… state tranquilli, non voglio andare a contare angeli che ballano sulla capocchia di uno spillo. Mi chiedo
che cosa dia un aspetto “solido” non solamente alle cose materiali, ma anche al cosiddetto senso comune…
A questo punto qualcuno si starà preoccupando di aver sbagliato sito, no stai tranquillo amico lettore, sei giunto proprio in un sito dedicato all’osservazione diretta del cielo profondo!
Fino ad anni relativamente recenti, se qualcuno avesse affermato che è possibile far passare una pallina da ping pong attraverso un solido muro di mattoni, avreste pensato che costui è pazzo: è impossibile fare una cosa del genere.
Proviamo a pensare alle reazioni termonucleari che avvengono all’interno delle stelle, in fin dei conti, se non fosse in atto un fenomeno
quantistico noto come
effetto tunnel, queste non potrebbero aver luogo, e nè le stelle nè noi, potremmo essere qui
a domandarci alcunché! L’effetto tunnel rende possibile, (su scala subatomica), l’attraversamento della barriera di potenziale, per esempio di due protoni,
(sostanzialmente nuclei di idrogeno), per permettere la fusione nucleare e convertire in questo modo l’idrogeno in elio, il che equivale ad attraversare un muro compiendo il cosiddetto salto quantico, prendendo a prestito l’energia dal
nulla, (a patto di restituirla naturalmente il più presto possibile); pazzesco ma vero.
Alla luce della "nuova fisica", non diciamo più che è impossibile, ma altamente improbabile, e questo rappresenta un modo diverso di porsi davanti al reale, con una maggiore apertura mentale.
Nell’ambito dell’osservazione visuale e non, le cose non vanno poi molto diversamente.
Realtà degli oggetti osservati
Per parlare di “realtà” abbiamo bisogno di diversi parametri, tra i quali dimensioni e
distanze. Il 1838, quando fu effettuata la prima misurazione di parallasse, per opera di F. W. Bessel sulla stella 61° del Cigno, con la determinazione della prima distanza stellare, può essere considerato un anno di fondamentale importanza nella scienza astronomica. La conoscenza del parametro distanza, ci permette di parlare anche di dimensioni, temperatura e luminosità
assoluta di una stella, in definitiva di astrofisica. Possiamo prendere come esempio il fenomeno degli Ufo, (oggetti volanti non identificati): se non sappiamo nulla riguardo alle loro dimensioni, non possiamo dire nulla neppure riguardo la distanza ne tanto meno la velocità, ecco perché i vari testimoni oculari che parlano continuamente di dischi enormi che volano a
grande velocità, sono completamente inattendibili.
Nel caso degli oggetti celesti, noi possiamo conoscerne anche la distanza, ma dobbiamo ricordarci che stiamo osservando oggetti posti in condizioni estranee alla
nostra quotidianità. E’ esperienza comune che i colori, cominciano a perder tono se l’illuminazione viene meno; è difficile distinguere i colori al buio.
Chiunque si sia cimentato nell’osservazione astronomica, sa quanto sia difficoltosa la visione dei colori, tanto che quelle belle foto astronomiche, con quei toni rossi o bluastri, visibili in certe nebulose,
risulta invisibile all’osservazione visuale. Una domanda sorge allora spontanea; quale grado di realtà, - intesa come ricollegabile alla
nostra quotidiana esperienza percettiva -, possiamo attribuire a queste foto?
In fondo, al momento di regolare colore e luminosità della nostra scheda video, ci
è presentata un’immagine di paragone, ma quale paragone possiamo fare, sempre in base alla nostra comune esperienza, per quanto riguarda
i panorami celesti?
Non è molto facile rispondere a questa domanda, banale solamente in apparenza. Tanto per cominciare, pensiamo che una pellicola fotografica ha una differente sensibilità rispetto all’occhio, o al sensore ccd, dove per fare una ripresa a colori abbiamo bisogno di
un filtro come quello taglia infrarossi, (IR-Cut), in ogni caso sarà poi in camera oscura, o in fase di elaborazione digitale, che dobbiamo regolare cose come l’intensità del colore o la luminosità e il contrasto, ed è qui che entra in scena la nostra possibile mancanza di riferimenti sensoriali corretti.
Personalmente non conosco nessuno che sia passato nelle vicinanze di M8!
Ovviamente qui entra in scena anche una componente artistica, il che ha una sua valenza, ma la realtà, o per meglio dire, la nostra realtà, dove è andata a finire?
Quando all’oculare dello strumento osserviamo una galassia, vediamo solo un debole chiarore, e, anche disponendo di uno strumento decisamente grosso, siamo ben lontani dalla ricchezza di dettagli presenti in una
bell'immagine ccd; braccia a spirale con stelle blu, gialle e arancioni… Ma l’immagine visuale, pur essendo
"povera" rispetto all’immagine fotografica possiede una sua innegabile qualità: è diretta, non mediata, (se non dal nostro
cervello, ma questo vale anche per la ripresa fotografica).
La sfida visuale
Alcune persone credono, (erroneamente), che basta possedere un telescopio astronomico più o meno pregiato, una montatura eccelsa e un ccd da favola, con funzioni da autoguida, sensore retro illuminato e quant’altro, per ottenere splendide foto. Queste persone trascurano però un fattore
notevolmente importante; la tecnica.
La ripresa delle immagini che dovranno essere trattate nella moderna, “camera oscura”, nonché il loro corretto campionamento in base alla strumentazione utilizzata, e la successiva elaborazione, devono essere ottenute con la massima cura.
Ricordo l’espressione di un amico astrofilo: le immagini ottenute
attraverso le camere ccd sono per forza di cose belle, in fin dei conti gli si aggiungono i particolari. Come se un dettaglio non presente nell’immagine grezza possa essere “aggiunto”! No, la ripresa fotografica degli oggetti astronomici è in tutto e per tutto un'arte,
qui nessuno vuole mettere in discussione questo. Ma se la fotografia è un arte, l’osservazione visuale rappresenta una commistione di vari elementi come: l’acuità visiva, l’esperienza dell’osservatore, (il sistema occhio cervello), la strumentazione, le condizioni atmosferiche, e perfino lo stato d’animo. Ma anche il cosiddetto senso comune gioca un ruolo decisamente importante; permettetemi
un'ulteriore digressione.
L’anno 1054 fu testimone di un grande evento astronomico, la supernova esplosa nella costellazione del
Toro, colei che generò la cosiddetta nebulosa Granchio, (M1). Questa fu avvistata in
oriente come dagli indiani Anasazi, ma non dagli europei, cosa ben strana davvero, visto la luminosità non proprio trascurabile di questa
stella. In Europa dominava però il dogma aristotelico dell’incorruttibilità dei cieli, tanto è bastato per chiudere gli occhi a centinaia di migliaia di persone? Parrebbe proprio di si!
Questa è la dimostrazione di un fatto: non è vero, non ci credo, non ci vedo. In
altre parole, non è detto che una cosa non ci sia solo perchè non ci crediamo,
come non risponde a verità il suo esatto contrario.
Torniamo al nostro argomento.
E’ innegabile il fatto che ci siano delle leggi fisiche ben determinate, a cui nemmeno l’ottica
può sottrarsi. Pensiamo al grande telescopio di Lord Rosse, con ben 1,82 metri d’apertura… ai giorni nostri basta uno strumento da 45 cm circa, per eguagliare le sue prestazioni. Ovviamente sia la tecnologia
sia i materiali utilizzati nella costruzione di specchi per l’astronomia, sono notevolmente cambiati da allora, ma è cambiata anche un'altra cosa: la
forma mentis.
La divisione di Cassini
Saturno rappresenta il gioiello del sistema solare, grazie anche al suo sistema di anelli. Fu Gian Domenico Cassini che nell’anno 1675, individuò per primo una lacuna, visibile come una divisione, nel sistema degli anelli, conosciuta sotto il nome di “Divisione di Cassini”.
Ricordo la mia prima osservazione di Saturno, effettuata con un riflettore newtoniano da
114 mm, nella quale rimasi molto colpito proprio dalla divisione suddetta; ma come ho potuto osservare la
divisione di Cassini che ha uno spessore di 0,6” d’arco, quando il potere risolutivo di un 114 mm è di appena 1”?!
La divisione di Cassini, (come ben sanno tutti coloro che hanno avuto modo di osservare il pianeta Saturno), appare ben visibile anche con diametri relativamente modesti, mentre stando al potere risolutivo di un telescopio, dovremmo cominciare a distinguerla, e solamente nelle serate di miglior seeing, con un diametro da almeno 200
mm, anche sulla Luna vediamo particolari, normalmente ben sopra al potere risolutivo del nostro strumento, e questo per merito del contrasto. Sta di fatto che, contrasto o no, è come se in un certo qual senso, “sconfiggessimo” le leggi fisiche, cosa ovviamente impossibile, ma tant’è.
La raccolta di luce di un telescopio astronomico rappresenta solamente il primo tassello della storia, bisogna anche vedere come la si utilizza. Prendiamo come esempio uno Schmidt-Cassegrain da 300 mm di
diametro; un fattore decisamente importante è la collimazione delle ottiche, infatti, se leggermente scentrato lo strumento si comporterà come un telescopio “perfetto” da 270/280 mm, ma con un'ottica palesemente scollimata, possiamo ritrovarci con un 300 mm che si “comporta”
come uno da 200 mm. Un momento però, l’apertura effettiva rimane sempre la medesima, e medesimo il potere di raccolta di luce, cambia solamente il modo di utilizzarla. Quando lo strumento è perfettamente centrato, la luce raccolta dall’obiettivo viene concentrata totalmente nel fuoco, cosa che non succede con l’ottica scentrata.
Non dobbiamo quindi meravigliarci, se riusciamo a superare di una magnitudine, una magnitudine e mezza, il limite teorico del nostro strumento, cosa che accade non molto raramente con un eccelso rifrattore
apocromatico. Uno strumento di ottima fattura e perfettamente centrato, ci mostrerà le stelle come aghi, e non è forse questa l’espressione che sentiamo dire a gran voce nei vari star party, quando qualcuno mette l’occhio all’oculare di questi splendidi
strumenti ottici?
Sotto un eccellente sito di alta montagna, possiamo scorgere stelle più deboli della mv
(magnitudine visuale) 6 ad occhio nudo, ma non è forse questo il limite del nostro strumento per eccellenza? Appare
così strano, che in circostanze del genere, la mv limite teorica del nostro
telescopio possa essere tranquillamente superata?
Nel libro “L’osservazione visuale del cielo profondo”, a proposito della nebulosa anulare nella Lyra,
M57 ho scritto, che in alta montagna, sotto un cielo della mv 7, ho avuto la netta impressione di vedere lampeggiare la stellina centrale di questa celeberrima nebulosa planetaria, osservazione questa peraltro, confermata da un secondo osservatore. Eresia! Qualcuno dice di non essere riuscito a vederla neanche con un telescopio da un metro di diametro, ma posto in piena periferia della città di Torino…
Identico discorso per quanto riguarda l’osservazione della nebulosa oscura "Testa di Cavallo" in
Orione, quando
ad osservarla fummo almeno in cinque, sotto un cristallino – oltre che gelido – cielo di montagna, con un apocromatico da 155 mm d’apertura più filtro
H-Beta. Per il quintetto di Stephan, nel Pegaso, (durante
la stessa notte che osservammo M57), fummo almeno in 12 a osservare questo difficile gruppetto di galassie. Eresia!
Conclusioni
Ovviamente l’osservatore visuale, non può dimostrare di aver osservato o meno, un certo oggetto celeste al limite strumentale, può
far confermare la propria osservazione, da altri osservatori presenti al momento. Conta anche una certa buona fede, che dovrebbe essere garantita da una certa onestà scientifica, non vale poi molto una bugia...
Un'ultima cosa: quando si reca in montagna ad osservare, chi scrive non porta le foto degli oggetti da osservare, e anche quando presenti, queste
sono consultate sempre dopo l’osservazione, mai prima, non bisogna dimenticare che è anche facile auto ingannarsi in buona fede! Mi capita sovente di confermare un dettaglio al limite della
visibilità solamente il giorno dopo, esaminando una foto profonda dell’oggetto
in questione, e facendo il confronto di quanto vedo su questa foto, con le parole registrate su
di un nastro magnetico, direttamente all’oculare del telescopio, al momento
dell'osservazione.
“Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio”... Direi piuttosto che, fidarsi è
bene, ma è altresì bene costruire le proprie opinioni in base all'esperienza diretta.
|