Giugno 2008
 

Spunti di riflessione sulla difficile arte di osservare
 

Vedere e non vedere

Tutte le umane attività, in special modo quelle di un certo livello, richiedono una certa assiduità per essere svolte a dovere: sforzo, abnegazione, allenamento, studio, applicazione… ma tutte queste belle qualità, devono essere accomunate dalla passione, senza la quale non è possibile perseguirle.
Prendiamo l’allenamento sportivo, non si possono raggiungere certe prestazioni atletiche, senza un certo tipo di allenamento, liberando e tonificando le varie parti del corpo; chi volesse tentare di eseguire, ad esempio, una forma complessa di un’arte marziale (come praticante di kung fu parlo a ragion veduta) senza aver fatto il corretto tirocinio e allenamento (posizioni, esecuzione sequenziale di tecniche opportunamente studiate ecc) si ritroverà nell’impossibilità di farla. Chiunque sia dotato di un’onesta capacità di critica, a questo punto dovrà obbiettivamente ammettere, perlomeno con se stesso, che prima di parlare di impossibilità a priori, dovrebbe cominciare a praticare quest’arte marziale con una corretta metodologia di allenamento. Cosa centra tutto questo con l’osservazione astronomica, penserà a questo punto qualcuno di voi?
A seguito delle segnalazione di un amico (che ringrazio) ho letto su alcuni forum astronomici, alcune critiche sul mio libro; “L’osservazione visuale del cielo profondo”. Premetto che le critiche (quando costruttive) rappresentano il sale della terra, e qualunque autore non può che esser grato sia a chi esprime giudizi positivi sia a chi esprime giudizi negativi sulla propria opera ma, quando le critiche sono prive di obiettività e ragion veduta, si entra in un’altra questione.
A prescindere dai gusti e apprezzamenti personali, per le quali nutro il massimo rispetto, ci sono alcune cose da chiarire:
1. Apprezzare un libro (o qualunque altra cosa) dipende unicamente dal nostro giudizio, non dalle impressioni – negative o positive che siano – fatte da qualcun altro.
2. Nel valutare un lavoro altrui, dovremmo almeno tenere conto delle considerazioni di chi lo ha creato. A qualcuno non piacciono le foto contenute nel medesimo libro (volutamente inserite a bassa risoluzione per poter compararle ad un’ispezione visuale); senza tenere conto che questo non è un libro di fotografia astronomica! Ho letto che qualcuno addirittura si riferisce al sottoscritto come un “commentatore di fotografie degli oggetti celesti”! Vale semmai l’opposto, le fotografie servono da confronto con le descrizioni fatte direttamente all’oculare del telescopio.
3. “Leggendo certe descrizioni si crea una falsa aspettativa di quello che è percepibile all’oculare di un telescopio di una certa apertura”, come se chi scrive fosse un dotato da una supervista o, peggio ancora, di una superimmaginazione!
 
Procediamo con ordine; impariamo a costruirci la nostra esperienza, accettando anche il parere di chi ne sa più di noi, ma senza perdere di vista le nostre potenzialità. L’essere o non essere d’accordo con un’osservazione altrui diventerà un fattore di comune esperienza, senza dipendere da opinioni altrui.
Quando si utilizzano alcune tecniche specifiche al telescopio, abbinando una certa apertura, la qualità del cielo, un corretto adattamento al buio e, non ultimo, un corretto approccio per ogni oggetto celeste, si riescono a vedere sfumature e alcuni particolari, del tutto invisibili all’indagine frettolosa e priva di metodo. Prima di parlare di “false aspettative” quindi, bisognerebbe parlare di tecniche corrette, ovviamente se ci interessa quello che facciamo, altrimenti il nostro scopo si limiterà a un’inutile (ed alquanto infruttuoso) chiacchiericcio da comarette di paese.
Una fruttuosa osservazione astronomica richiede quindi una “ricetta” fatta da diversi ingredienti: un’onesta valutazione di quello che si vede e l’approccio utilizzato per giungervi.
Ho ricevuto una bella e-mail da Carlo Deleidi, che mi scrive raccontandomi una sua esperienza osservativa; sono lieto di condividerla con voi amici lettori.
Mi parla di un paio di galassie nella costellazione dell’Orsa Maggiore, che ha osservato da Perledo (lago di lecco a 450 m) con uno S/C da 203 mm: NGC 5308 di mv 11,7 e di NGC 5322 di mv 10,1. Dalla sua descrizione emerge che “delle due ho apprezzato maggiormente la prima (NGC 5308) nonostante la sua più fioca luminosità”.
Questa sua valutazione è senz’altro interessante, per diversi motivi; la galassia più brillante è una ellittica del tipo E3+, leggermente elongata verso est/ovest, con un nucleo brillante e un alone fatiscente, poco attrattiva visualmente. La prima (quella preferita da Carlo) è di tipo S0-sp, nettamente allungata verso nord/est (ricorda vagamente una 891 senza la banda oscura) risultando più appetibile.
Non sempre un oggetto più brillante è migliore sotto il profilo della “godibilità”, bisogna valutare (cosa che il nostro amico ha fatto benissimo) altri fattori, come la presenza o meno di struttura, il campo stellare adiacente e, quando presenti, altri oggetti nelle vicinanze.
Senza questi accorgimenti, la nostra osservazioni visuale è destinata a rimanere sterile e scialba, portandoci a dissentire delle osservazioni altrui, specie quando fruttuose. Morale: impariamo a vedere!

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