Due sono meglio di uno ...


 

 

Andrea con il suo strumento

 

Qualche giorno fa ricevetti la piacevolissima telefonata da parte di Andrea Boldrini, che non avevo avuto, fino a quel momento, il piacere di conoscere, il quale mi invitava a partecipare a una serata osservativa a Forca Canapina (Pg), buttando un occhio (anzi, per meglio dire, due occhi!) nel suo nuovo strumentino, un binodob dal diametro di 600 mm!


Ogni buon osservatore visuale conosce l'importanza del diametro nelle osservazioni degli oggetti del cielo profondo, ma sa [o dovrebbe sapere] anche, che l'utilizzo di entrambi gli occhi, emancipa la capacità di discernere sia i dettagli (contrasto), sia le sfumature più delicate, anche di oggetti celesti cosi eterei e impalpabili. Ma ad affiancare tutti questi non indifferenti vantaggi, bisogna considerare un aspetto che caratterizza la prestazione, eccellente, del nostro occhio, ossia quella di riuscire a apprezzare istantaneamente e (particolare molto importante), senza grosse difficoltà, regioni contigue aventi una diversissima luminosità. Potendo osservare con entrambi gli occhi, l'immagine risulterà più naturale, meno stancante e priva di quel rumore tipicamente monoculare, risultato: immagini (a parità di diametro) più brillanti, definite e ricche di informazione, con tutto quel che ne concerne. Bisogna considerare anche la spettacolarità (vedi anche Storia di un pantografo) insita nell'osservazione tipicamente binoculare.
La costruzione di un simile doppio colosso non è stata ne facile ne immediata, ma l'assoluta spettacolarità delle immagini ne ripaga ampiamente lo sforzo.


Vorrei sottolineare un aspetto importante magistralmente sollevato dall'articolo di Andrea: l'osservazione degli oggetti deep sky attraverso grandi aperture, costituisce un'esperienza davvero unica, magica oserei dire utilizzando un linguaggio trasportato dal vento dell'emozione. 

Non è assolutamente vero che la fotografia costituisce l'unico viatico per la spettacolarità, un osservazione visuale effettuata sotto i cieli adeguati e con gli strumenti adatti, rappresenta quel tipo di esperienza destinata a segnarti per tutta una vita!




Essendo impossibilitato (almeno per il momento) ad accettare l'invito di Andrea, ho colto l'occasione di invitarlo a condividere con chi legge queste righe, la sua esperienza, convinto di far cosa assai gradita a chi, come chi scrive, si nutre di emozioni celesti.
Sono lieto di pubblicare di seguito, il racconto di Andrea, che riesce a esprimere in più di un passo la sua (ma anche quella di altri amici che hanno colto i fotoni riflessi da questi grandi specchi) enorme meraviglia e senso di stupore. In definitiva, forse, questa è una buona risposta alla domanda di chi, impegnato in ambito esclusivamente fotografico, chiede al visualista puro: ma tu che porti a casa?



Riporto integralmente il pensiero di Andrea ....

 



Binodobson da 24"

(Di Andrea Boldrini)
 

 


Sant'Agostino interrogato sul tempo risponde: "Quando nessuno me lo chiede, lo so; ma se qualcuno me lo chiede e voglio spiegarglielo, non lo so".
In un certo senso mi capita la stessa cosa allorquando mi chiedono le ragioni di questo binodobson 24" e cosa abbia mosso questo progetto. Io forse lo so ma non so come spiegarlo! Non saprei bene ma sicuramente un sentimento irrazionale è prevalso con forza. Un dàimon della follia ha obnubilato la mia mente, calandomi nel torpore dell'incoscienza! Quando poi mi sono ripreso, il binodobson era già pronto nelle mie mani e da quel momento sono iniziati i miei dolori!
Martini, il costruttore tedesco a cui mi rivolsi nell'ottobre 2010, non aveva mai costruito binodobson e la mia proposta rappresentava per lui una grande scommessa e una ghiotta occasione di primazialità nel settore. Accettò e si mise al lavoro. Non aveva idee chiare e per rilanciare in bizzarria creativa si scatenò anche lui (forse in preda del suo dàimon) in soluzioni complicate e di difficile applicazione. Concepì un sistema di messa a fuoco macchinoso e di sesquipedale articolazione. Tutto il gruppo ottico dei terziari, con gli oculari in sede, venivano spostati tramite il giramento di un pomellone che contestualmente andava anche a spostare i secondari attraverso le razze collegate, in direzione alto-basso rispetto ai primari. Quest'idea sicuramente buona in teoria, ha avuto però un'applicazione sommaria creando una forte instabilità dei singoli elementi. E anche le celle dei primari non erano all'insegna della stabilità necessaria. A onor del vero e a vantaggio di Martini sta il fatto che realizzando solo la struttura, non ha avuto modo di testare lo strumento con gli specchi nella loro sede e accorgersi dunque delle criticità sopravvenute e imprevedibili.
La prima uscita pubblica a Giugno 2011 Ë stata un vero fallimento! Tutte le mie aspettative e quelle degli amici astrofili, completamente deluse! Era evidente che si imponeva un grande lavoro di modifica, di rettifica e di importanti interventi strutturali. L'obiettivo fondamentale e prioritario da realizzare Ë stato quello di raggiungere una buona stabilità dello strumento. La stabilità Ë stata la chiave di volta intorno a cui si sono poggiate tutte le modifiche. Questo grande strumento presuppone un esigente centramento delle singole ottiche e una rigorosa collimazione tra di esse. In quel momento cosÏ critico e depresso in cui ero caduto, come un angelo custode si è proposto in soccorso il mio amico Roberto Zacconi, esperto conoscitore di ottica, e abilissimo talento di manualità. E' intervenuto in questo progetto di modifica, per circa un mese e mezzo, realizzando cambiamenti indispensabili tutt'ora in atto che giammai da solo avrei realizzato. A lui devo l'ottima funzionalità e la messa a punto di questo difficile strumento! Inoltre in questi interventi di modifica ringrazio anche l'amico Franco Salvati che generosamente con perizia e talento ha installato il sistema di motorizzazione che ancora deve essere collegato elettronicamente con l'Argo Navis. Così come ringrazio Cristian Fattinnanzi per alcune modifiche nel gruppo dei terziari, Massimo D'Apice per un supporto per la distanza interpupillare e tutti gli amici astrofili che mi hanno consigliato e incoraggiato. Infine ringrazio Maria Kent Pasquarella che amorevolmente mi ha sempre sostenuto credendo in questa nostra “folle impresa”.
Come primo intervento abbiamo sostituito gli instabili supporti degli specchi secondari. In loro luogo abbiamo inserito le tradizionali raggiere in acciaio, alleggerendo di non poco il peso di tutto il "cappello" e dando di conseguenza una maggiore stabilità. Questa modifica ha implicato la rinuncia al sistema di messa a fuoco ideato da Martini che prevedeva, come già accennato, unitamente al gruppo degli specchi terziari anche lo spostamento dei secondari in direzione alto-basso rispetto ai primari. Senza entrare nello specifico di tutte le modifiche che sono state apportate, lo strumento Ë oggi pienamente operativo e il 26 Agosto scorso ha fatto la sua prima uscita in campo dopo le modifiche. Questa volta la rivincita Ë stata totale e trionfante.


La "prova sul campo"

Le mirabilia osservative in "diretta fotonica" che questo strumento riesce a produrre, esulano da qualsiasi altra esperienza. Il binoculare genera "l'ameno inganno" della tridimensionalità e in alcuni oggetti questo gioco Ë sorprendente! A parte la visione certamente pi˘ confortevole rispetto al mono, la cosa pi˘ emozionante e pi˘ sconvolgente Ë quella di osservare in binoculare con due specchi da 60 cm!!! Ho fatto vedere la M8 a un mio amico visualista con 40 anni di esperienza e ha stentato non poco a riconoscerla!!! Penso che soltanto dall'inclinazione del bino sia riuscito a dedurre l'oggetto in osservazione.
E' come se alcuni oggetti Messier, ormai a noi tanto familiari poichÈ osservati sempre con diametri dai 10 cm ai 40 cm, nella visione con il bino 24" assumessero altre sembianze, altri particolari, altre morfologie, perdendo i loro precedenti segni d'identità.
La visione binoculare a questi livelli introduce uno sconvolgimento dei sensi: ci si inabissa come se indossassimo una maschera da sub per scandagliare i fondali dell'universo. M17 presenta una vastità e pluralità di particolari da doversi perdere negli intricati giochi nebulari e nelle deboli piroette dell'omega.
La nebulosa del Velo, uno spettacolo indicibile, direi mistico fino a perdere le parole: "Oh quanto Ë corto il dire e come fioco al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi, Ë tanto, che non basta a dicer 'poco' ".

Anche il corpo partecipa con brivido allo spostamento dello strumento e sebbene talora l'instabile scala che siamo obbligati a salire ci ricordi la precarietà fragile della nostra condizione, entrambi gli occhi, immersi negli oculari, scandagliano rapaci i remoti fumi tra i campi stellari.
Un altro elemento di fondamentale importanza non ravvisabile in altri strumenti monoculari Ë la sensazione di galleggiamento e di sospensione di alcuni oggetti a medio-basso ingrandimento come i globulari e le planetarie.
Ad osservare M13 con questo strumento si rischia di cadere dalla scala! Emerge con maggior precisione la sfericità del globulare e alcune stelle pi˘ luminose sembrano pi˘ vicine rispetto alle altre dando la percezione del 3D.
Senza parlare di M27: enorme e dettagliata come una foto in B/N con tutte le stelline in trasparenza!
Così come la Helix, tracimante per bellezza e definizione!
Da cardiopalma la Crescent! Un grande cuore disegnato nel cielo per astrofili amanti!
Poi la Nord America. Nella parte del golfo Ë un immenso budello di fumo: spettrale immagine d'inquietanti similitudini terrestri!
E che dire della cometa Garradd in transito nei pressi di M71? Un mirabile e grazioso quadretto ove i due corpi molto luminosi e definiti si interfacciano per breve tempo per poi allontanarsi pian piano.
In ultimo la grande galassia di Andromeda M31 e l'altra galassia del Triangolo con l'appariscente nebulosa NGC 604. Nella prima si osservano nette le due bande scure e alcune fioche increspature; nella seconda tra scintillanti facelle, si materializzano, come minacciose piovre, le lunghe spirali lattiginose.
E poi ancora altri oggetti quasi al limite come la California e la Testa di Cavallo entrambe ben definite.
Infine la percezione dei colori e dei toni cromatici ravvisati da alcuni amici in nebulose come la Velo e M 42 sebbene quest'ultima fosse ancora bassa sull'orizzonte. Personalmente non vedo il colore e la natura, in questo senso, non mi ha dotato ma con questo strumento ho gi‡ raccolto convinte e sorprendenti testimonianze!
Arrivati “in sul primo albore” lo strumento perde di potenza e noi, stanchi, ci corichiamo ebbri di un universo mai visto prima!
Così Ë andata la sera del 26 Agosto 2011 a Forca Canapine con gli amici astrofili completamente stupefatti e increduli! Alcuni di loro hanno poi redatto report emozionali sulla serata.

Devo inoltre precisare un concetto importante sulla fruizione di questo binodobson che per mia convinta scelta Ë destinato a una condivisione esoterica strettamente riservata agli astrofili.
Non si può permettere l'accesso visualistico essoterico di questo strumento a chi non abbia osservato mai in uno telescopio o a chi non abbia una minima esperienza osservativa.
Occorre dunque una maieutica all'osservazione che solo gli astrofili possono trasmettere; occorre una frequentazione assidua dello stellato, con uno studium costante e applicato, vero precipitato emozionale di questa passione!
Organizzo corsi di astronomia di primo livello, serate osservative, star watching, serate pubbliche in osservatorio e nelle piazze e mi Ë capitato di sentirne molte. Non ultima quella di un tipo che dopo aver osservato M13 all'oculare del mio Ritchey Chretien LX200R 14" (sottolineo 14 pollici!!!) mi dice incalzandomi: "ma non mi puoi far vedere un oggetto pi˘ emozionante?" .
Ebbene di fronte a queste amenità a questi florilegi dell'incredibile rimani interdetto e non sai cosa rispondere!
La cultura dell'immagine che tanto caratterizza la nostra società e i media contemporanei, ci ha resi totalmente insensibili, neutralizzando i "bastoncelli" della nostra percezione e le profondità analitiche dell'episteme che presuppongono metodo e precisione, estrema sensibilità e anche grande intuito.
Non è il semplice vedere ma il coinvolgimento simultaneo, direi a effetto blinking, dello spirito di geometria e lo spirito di finezza! Invece oggi l'immagine deve scioccare e convincere, entrare nell'inconscio di ognuno con esclusive finalit‡ consumistiche. Come potrà mai allora una debole e povera galessietta, fors'anche interagente con la sua compagna, sperduta nell'immensità cosmica e percepibile nel suo debole chiarore, emozionare quell'esinanito individuo rimasto deluso su M 13?
Per questo chi vuole intraprendere un'esperienza astrofila di osservazione deve fare la sua graduale gavetta essere come iniziato e percorrere un tragitto formativo e catartico che riattivi e purifichi le sue capacità percettive!
Altrimenti l'osservazione al binodobson 24" farà esclamare solo uno squallido interessante!î e non lascerà nulla nella memoria delle grandi emozioni!


Osservare non è solo un'arte e una metodologia. E' di più. E' sconfinamento che abbraccia anche le ragioni del cuore e che coinvolge l'intera persona, l'unica forse capace di comprendersi e di comprendere l'infinito.

Si ringrazia: Massimo D'Apice, Cristian Fattinnanzi, Franco Salvati e Roberto Zacconi per il loro personale contributo.

Jesi, lì 03/09/2011

L'articolo è stato pubblicato anche sul numero di Ottobre della rivista Astronomia Nova: http://www.eanweb.com/rivista-astronomia/

 

NOTA: potete visionare l'interessante video di questo strumento al seguente indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=lCrCv1KWkt0


 

 

[ Home ]