Pubblico
molto volentieri l’interessante articolo, dell’amico e collega Claudio Pra (che
raccoglie puntualmente i miei suggerimenti pubblicati sulla rivista Coelum
nella rubrica “Nel Cielo”), riportandomi osservazioni e impressioni in
interessanti e.mail.
Dal suo scritto traspare, oltre che un’innegabile passione per
l’osservazione visuale “pura”, anche la consapevolezza di un’attività che,
sebbene affascinante, non risulta di facile portata (ovviamente quando si
vogliono gustare le meraviglie celesti estranee ai “soliti oggetti” –
sebbene spettacolari).
Un invito, quello di Claudio, ad andare oltre i soliti target, procedendo
con un senso di sfida, e “monitorando” la nostra pazienza.
Agendo in questo modo, si riusciranno a osservare molti dettagli (ovviamente
la dove ce ne sono), anche su oggetti celesti diffusi, che una certa
letteratura (per lo più scritta – e seguita – da chi osserva poco, se non
affatto) relega nell’anfratto angolino degli “oggetti amorfi”, per la
ricerca dei quali, si fa generalmente una scrollatina di spalle, riponendo
l’esclusiva fiducia nella tecnica fotografica.
Devo ammetterlo, leggendo le righe di Claudio, la mia mente ha cominciato a
volare sugli oggetti da lui descritti (che a essere sincero ho dovuto
rinunciare a contare con il mio mezzo metro!), ricordandomi di quante
regioni di H II sono riuscito a scorgere all’interno della galassia del
Triangolo (M33).
Grazie Claudio, raccogliamo certamente la tua sfida, e invitiamo tutti gli
interessati all’osservazione visuale, a sfatare i “miti teorici” costruiti
il più delle volte su comode chiacchiere da salotto!
Ora la “parola” a Claudio …
Gli ammassi globulari di M31
nell’osservazione visuale
di Claudio Pra
Immagine originale:
http://www.webalice.it/e.prosperi/profondocielo/1999-12/fig3.jpg
Gli osservatori visuali del cielo profondo spingono il loro sguardo al di là
del Sistema Solare o addirittura oltre la nostra galassia. Nel primo caso
avranno accesso a diverse tipologie di gioielli celesti che, in parecchi
casi, non mancheranno di stupirli. Nel secondo caso invece, il target
saranno le galassie, solo le più luminose, delle quali sveleranno qualche
loro delicata struttura. Ma sono visibili solo galassie in quegli abissi
tanto profondi?
Parecchi anni fa lessi un articolo riguardante dei particolari oggetti che
da subito mi affascinarono. Decisi di provare ad osservare il più
“brillante”, visto che gli altri mi sembrarono fuori portata. Si trattava di
un lontanissimo ammasso globulare, tanto distante da appartenere addirittura
a un'altra galassia, quella di Andromeda. Conosciuto come G1 o anche
Mayall
2, è un autentico “mostro” del cielo, contenente forse un milione di stelle!
Dal nostro punto di osservazione si riduce però a un debole fiocchetto di
13,7 magnitudine, a cui avrei dato la caccia con il mio S.C. da venti
centimetri di diametro.
Il tentativo fallì, ma qualche tempo dopo, rinvigorito da un altro articolo
e soprattutto da uno strumento più grande, mi ributtai con entusiasmo in
quell’avventura osservativa, senza immaginare che mi avrebbe portato ben
oltre l’obiettivo che mi ero posto.
Così nell’agosto del 2004, “guidando” il nuovo riflettore da trenta
centimetri lungo uno star hopping [letteralmente “saltare da una stella
all’altra NdR] piuttosto complicato nei pressi della stellina 32 Andromedae,
eccomi percepire l’agognato G1 senza grandissime difficoltà. Il minuscolo
oggetto, forzando l’ingrandimento, mi apparve simile a una stella sfocata.
Osservato con più attenzione, risultò nettamente nebulare.
Si dice che l’appetito vien mangiando e io non mi ero certo sfamato con il
solo G1, che è si indicato come il globulare più corposo e luminoso di M 31(
vedremo però che in quanto a luminosità non è proprio così), ma non l’unico
alla portata di diametri generosi. Così, pochi giorni dopo la sua
osservazione, mi misi nuovamente in gioco andando alla ricerca di altri
globulari marchiati G, ben sapendo che le difficoltà sarebbero senz’altro
aumentate. Si trattava infatti di osservare, nella stragrande maggioranza
dei casi, oggetti di apparenza stellare compresi tra la magnitudine 14 e la
15 abbondante, immersi tra la nebulosità di M 31e localizzabili solo tramite
una fotografia profonda della galassia (che mi ero procurato sul web) dove
risultavano evidenziati da un cerchietto. Naturalmente per scovarli era
indispensabile un accuratissimo star hopping, così come era assolutamente
necessario forzare molto con gli ingrandimenti per sperare di percepire
qualcosa (obbligatorio quindi anche un discreto seeing). Provate a
immaginare di girovagare per l’alone di M31 cercando stelline di 14/15ma
magnitudine tra una moltitudine di altre stelle di campo. Chiaramente non
dedicavo tutto il tempo ai globulari di M 31, ma ne cercavo alcuni ogni
mese, scegliendoli tra quelli che mi sembravano alla portata.
Il secondo globulare “catturato” fu G76 (debole 200/240x). Poi toccò a
G280
(stellare, debole ma non estremo - 240x) seguito da G73, che sembrerebbe
appartenere alla galassia M110 (debole - 200-240x), G72 (debole ma non
particolarmente difficile 200-240x), G272 (non difficile - 200/240x), G213
(piuttosto agevole – 200/240x), G78 (abbastanza agevole già a medio
ingrandimento - 120x), diviene piuttosto facile spingendo maggiormente con
gli ingrandimenti - 240x) e G119 (molto difficile, visibile a momenti -
240x). Tutti si mostrarono, come avevo letto, piuttosto puntiformi,
praticamente simili a stelline. In molti casi la sessione osservativa era
davvero lunga e stancante, sia nella fase di ricerca che in quella di
osservazione e anche gli insuccessi non mancarono.
A cinque mesi dall’inizio della sfida, avevo comunque raccolto nove
globulari G e pensavo di aver concluso la “missione”.
Un paio di anni dopo invece, ero nuovamente dalle parti di Andromeda e non
certo per dare un occhiata alla grande spirale. Le nuove estenuanti ricerche
mi portarono ad individuare così G126 (facile e assolutamente puntiforme -
316x), G172, (piuttosto difficile. Puntiforme - 316x), G233 (molto
difficile. Percepibile a momenti, puntiforme - 316x), G302 (debolissimo -
316x), G289 (facilissimo. Stellina brillante visibile già a bassi
ingrandimenti), G286 (estremo e visibile a momenti. Sembra leggermente
diffuso - 316x), G295 (facilissimo e assolutamente stellare. Visibile già a
bassi ingrandimenti – 66/120x), G153 (facile già a bassi ingrandimenti,
stellare), G313 (non difficile, stellare, visibile già a bassi ingrandimenti
- 240x), e G59 (non difficile e appena diffuso - 240x).
Il bottino, nel febbraio del 2008 era andato oltre le più rosee previsioni.
Ma non era finita.
Sei mesi dopo, nell’agosto del 2008, ne cercai degli altri, individuando
G244 (puntiforme, visibile a momenti - 240x), G226 (appena percepibile,
leggermente diffuso - 316x), G257 (leggermente diffuso e visibile a momenti
- 316x) e infine G279 (estremo e visibile in rari momenti - 316x). Il totale
salì a quota 23 e qui mi fermai.
A qualche anno di distanza, girandomi indietro, ricordo volentieri quell’
esperienza che mi ha regalato emozioni e qualche sorpresa. Tra tante
difficoltà non immaginavo infatti che alcuni bersagli si sarebbero rivelati
piuttosto semplici da osservare, molto più di quel G1 che avevo letto
essere il meno ostico. G 289 e G 295 sono veramente facili e alla portata di
diametri medi. Di appagamento estetico non se ne parla, lo avrete intuito e
chi lo cerca dovrà tenersi lontano dai globulari della Grande Galassia di
Andromeda. La soddisfazione riguarderà invece la non facile individuazione
degli obiettivi cercati e, una volta individuati, il pensare di avere
nell’oculare un oggetto che appartiene a un'altra galassia. Questo
compenserà la grande pazienza che occorrerà mettere in campo in questo
genere di osservazione piuttosto sfibrante.
Dopo di allora ho abbandonato l’orbita di M 31, di cui sono stato satellite
per qualche tempo al pari di M 32 e M 110.
|