Lo scorso mese abbiamo visto
come, molte volte, il limite esista soltanto in noi stessi; non mi sognerei
mai comunque di affermare che tutto è possibile, se volessimo per esempio
osservare le galassie del Quintetto di Stephan a occhio nudo, dovremmo
semplicemente arrenderci dinnanzi a un’evidente impossibilità di fatto!
D’altro canto, se la nostra passione consiste nell’osservazione diretta, non
solo degli oggetti più deboli del cielo profondo, ma volta anche a captare
alcuni dettagli strutturali di quelli più brillanti, non possiamo ignorare i
limiti reali dell’umana visione. Per verificare tali limiti però, sono
assolutamente necessari alcuni “metodi di lavoro”:
• È indispensabile trattare il cielo come se fosse un laboratorio utile per
compiere esperimenti diretti.
• A scendere in campo non
dovrebbero essere i presupposti teorici, solo la
diretta esperienza gioca un ruolo chiave.
• Risulta necessario controllare con metodi rigorosi la validità delle
proprie osservazioni.
Proviamo a forzare un po’ i nostri limiti, quelli del cielo (ammesso che ne
abbia) e quelli del telescopio; per vedere fin dove possiamo spingerci è
indispensabile esplorare i limiti estremi, dove siamo “sicuri” di non vedere
nulla (in questo contesto potranno giungere eventuali sorprese).
Dovremmo tenere in considerazione solo quello che vedono i nostri occhi e,
in caso di osservazioni al limite, confrontarci con altri colleghi di pari
esperienza, per evitare eventuali illusioni – sempre in agguato a questi
livelli di difficoltà. Non serve poi a molto negare l’evidenza dettata da
una “sensata esperienza” per dirla con Galileo.
Nel caso di oggetti veramente al limite, il confronto con altri osservatori,
sebbene esperti, potrebbe non essere sufficiente; in questo caso è utile
utilizzare eventuali stelline di riferimento, indispensabili per
“inquadrare” l’oggetto osservato.
Il rapporto segnale/rumore
Essendo il fondo cielo – rumore – oscuro, e l’oggetto celeste – segnale –
luminoso, (quanto, dipenderà dall’oggetto preso in considerazione) è utile
segnalare il rapporto esistente tra questi due parametri, da essi infatti
dipenderà la visibilità, o meno, di un oggetto celeste; è per questo motivo
che un miglior rapporto segnale/rumore (in altri termini un cielo più
oscuro) è da preferire nelle osservazioni visuali dei DSO. Bisognerà
considerare che il rapporto tra questi due parametri, tende a mantenere un
valore costante al variare degli ingrandimenti, in quanto sarà vero che,
aumentando l’ingrandimento, il fondo cielo diverrà più scuro, ma diverrà più
oscuro anche l’oggetto celeste osservato. C’è però un aspetto interessante
che generalmente non viene considerato, cioè la “risposta” differente al
fattore ingrandimento, del fondo cielo da una parte e dell’oggetto celeste
dall’altra; quest’ultimo, essendo più grande, sfrutterà la capacità
dell’occhio di distinguere meglio gli oggetti di grandi dimensioni angolari,
semplicemente perché al crescere delle dimensioni dell’oggetto, verrà
interessata una maggiore area retinica, in altre parole si ha a disposizione
più informazione. Si parla in questo caso, della differenza tra il
“contrasto fisico”, che è costante, e il “contrasto percepito” che non lo è
(vedi anche il mio articolo sulla rivista Coelum N° 123 a pag. 58). Si potrà
obbiettare che anche il fondo cielo sarà più grande; ma quale informazione
contiene quest'ultimo?
È vero quindi che il rapporto tra la luminosità del fondo cielo e quella
dell’oggetto celeste resta costante al crescere dell’ingrandimento, ciò
sembra non essere più valido per il contrasto percepito, come dimostrerebbe
in maniera incontrovertibile la diretta esperienza.
Alcuni esempi
In base a quanto esposto fin’ora, poniamo l’accento su alcuni significativi
esempi pratici, che chiunque potrà eventualmente constatare direttamente sul
campo. Ovviamente affinché un “esperimento” sia ripetibile, è necessario
rispettare le condizioni di contorno allo stesso, lavorando con uno
strumento dalle caratteristiche analoghe, e condizioni di cielo simili.
Osservando dalla mia postazione suburbana con il fidato
Orion da 254 mm,
sotto un cielo non certo idilliaco anzi, per la verità lattiginoso (quando
non mi reco in alta montagna mi dedico ad esperimenti di questo tipo) le due
galassie nel Leone M65/M66 - NGC 3628 la intravedo, alquanto spettrale nelle
migliori serate – ho dedicato la serata a verificare l’effettivo guadagno,
variando il rapporto segnale/rumore (S/R) con l’utilizzo degli ingrandimenti
e/o di filtri interferenziali a larga banda (quest’ultimo discorso meriterà
un apposito approfondimento il mese prossimo). A ingrandimenti medio-bassi – 46X - si poteva
notare un basso rapporto S/R, dove praticamente risaltavano soltanto le
regioni nucleari delle due galassie, specialmente quella di M66, e
mostravano un’estensione decisamente ridotta rispetto alle osservazioni in
quota.
Portando l’ingrandimento a 92X, si notava chiaramente un fondo cielo più
oscuro, con le galassie più evidenti e, sebbene in visione distolta, si
notava la loro differente forma, del tutto invisibile agli ingrandimenti
minori. Ma la vera sorpresa è giunta a 122X; con un fondo cielo molto più
oscuro si notavano chiaramente le silhouette anche in visione diretta (!)
con l’M66 dalla regione nucleare più “grassa” rispetto alla compagna, e un
alone, molto debole ma apprezzabile. Un altro aspetto molto importante è
emerso con i maggiori ingrandimenti; le dimensioni angolari percepite erano
aumentate, evidentemente l’ingrandimento maggiore, con il conseguente
aumento del rapporto S/R è servito, non solo a staccare meglio le galassie
dal fondo cielo, ma a rivelare regioni esterne più deboli. (Vedi immagine a
sinistra).
Eppure l’assunto di partenza (il rapporto di contrasto tra il fondo cielo e
l’oggetto resta costante) mantiene la sua validità ma, come ha dimostrato
l’osservazione diretta, è il contrasto percepito a provocare il guadagno
riscontrato.
Che effetto ha la differenza tra il contrasto fisico e quello percepito
sotto un cielo non inquinato?
Quando il fondo cielo è lattescente, è più facile apprezzare un
miglioramento nel rapporto S/R, un fondo cielo oscuro, tipico in alta
montagna, rende meno intuitivo (o forse “scontato”) questo guadagno. Per
poter verificare il rapporto S/R sotto un cielo non inquinato, sono andato
alla ricerca di un paio di deboli galassie all’interno del conosciutissimo ammasso
aperto M44 nel Cancro.
Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, le stelle del “Presepe”
creano una certa confusione, oltre a un certo disturbo, nell’osservazione di
oggetti così deboli, ma rappresentano anche dei comodi punti di riferimento,
specialmente per la verifica “a tavolino”. Mi sono recato a Prarotto, sotto
un cielo dalla buona trasparenza (mv limite allo zenit, stimato con la
sequenza polare intorno a 6/6,2) con M44 perfettamente visibile ad occhio
nudo. Trattandosi di oggetti decisamente al limite, anche con il 508 mm, mi
sono avvalso del computer di puntamento passivo “Astromaster”, ridefinendo
la precisione di puntamento in prossimità di M44 (assicurandomi il
posizionamento degli oggetti selezionati nei pressi del centro del campo
oculare anche a ingrandimenti sostenuti). La serata era molto fredda, alcune
folate di vento rendevano precaria la posizione sullo scalotto che permette
un comodo accesso all’oculare dello strumento. Ho tentato l’osservazione a
133X, utilizzando diverse tecniche, come dare un leggero colpetto al
telescopio, ma non ho potuto scorgere le galassie cercate, controllando e
ricontrollando la loro posizione… Dopo svariati tentativi, intervallati da
alcuni profondi respiri, ho deciso di aumentare l’ingrandimento a 200X, ecco
la descrizione, registrata direttamente all’oculare del mezzo metro; (Vedi
cartina di confronto)
NGC 2643 - Galassia – mv 15,0 (luminosità superficiale) – Dim. 40”x21”
“200X – si vede in posizione centrale rispetto a due stelline; decisamente
debole e piccola, un fiocchetto appena staccato dal fondo cielo”.
NGC 2647 - Galassia – mv 14,1 (luminosità superficiale 13,0) – Dim. 29”x25”
“200X – fa un triangolo con due stelle di mv 8,4/6,7, nelle vicinanze si
vede una stellina molto debole (mv 15,5/16); è decisamente piccola e
ovattata; difficile ma accattivante!”.
Anche in questa occasione, l’ingrandimento maggiore ha operato un
miglioramento nel rapporto S/R, tale da permettermi di osservare queste
galassie decisamente al limite. Prima di salutarci, vorrei mettere l’accento
su un’altra questione; da un’osservazione come questa, ci si rende conto che
anche disponendo di un’apertura generosa, risulta indispensabile
raggiungerne i limiti, allenando l’occhio (e il cervello) a interpretare
luminosità così deboli, in questo caso potremo fare delle belle esperienze
con oggetti ben più brillanti e spettacolari.
Buone osservazioni a tutti…
Nota: tutte le cartine sono state realizzate con
il software Perseus. |