Maggio 2009
 

I limiti dell’osservazione visuale - parte seconda
 

Lo scorso mese abbiamo visto come, molte volte, il limite esista soltanto in noi stessi; non mi sognerei mai comunque di affermare che tutto è possibile, se volessimo per esempio osservare le galassie del Quintetto di Stephan a occhio nudo, dovremmo semplicemente arrenderci dinnanzi a un’evidente impossibilità di fatto! D’altro canto, se la nostra passione consiste nell’osservazione diretta, non solo degli oggetti più deboli del cielo profondo, ma volta anche a captare alcuni dettagli strutturali di quelli più brillanti, non possiamo ignorare i limiti reali dell’umana visione. Per verificare tali limiti però, sono assolutamente necessari alcuni “metodi di lavoro”:

È indispensabile trattare il cielo come se fosse un laboratorio utile per compiere esperimenti diretti.
A scendere in campo non dovrebbero essere i presupposti teorici, solo la diretta esperienza gioca un ruolo chiave.
Risulta necessario controllare con metodi rigorosi la validità delle proprie osservazioni.

Proviamo a forzare un po’ i nostri limiti, quelli del cielo (ammesso che ne abbia) e quelli del telescopio; per vedere fin dove possiamo spingerci è indispensabile esplorare i limiti estremi, dove siamo “sicuri” di non vedere nulla (in questo contesto potranno giungere eventuali sorprese).
Dovremmo tenere in considerazione solo quello che vedono i nostri occhi e, in caso di osservazioni al limite, confrontarci con altri colleghi di pari esperienza, per evitare eventuali illusioni – sempre in agguato a questi livelli di difficoltà. Non serve poi a molto negare l’evidenza dettata da una “sensata esperienza” per dirla con Galileo.
Nel caso di oggetti veramente al limite, il confronto con altri osservatori, sebbene esperti, potrebbe non essere sufficiente; in questo caso è utile utilizzare eventuali stelline di riferimento, indispensabili per “inquadrare” l’oggetto osservato.

Il rapporto segnale/rumore
Essendo il fondo cielo – rumore – oscuro, e l’oggetto celeste – segnale – luminoso, (quanto, dipenderà dall’oggetto preso in considerazione) è utile segnalare il rapporto esistente tra questi due parametri, da essi infatti dipenderà la visibilità, o meno, di un oggetto celeste; è per questo motivo che un miglior rapporto segnale/rumore (in altri termini un cielo più oscuro) è da preferire nelle osservazioni visuali dei DSO. Bisognerà considerare che il rapporto tra questi due parametri, tende a mantenere un valore costante al variare degli ingrandimenti, in quanto sarà vero che, aumentando l’ingrandimento, il fondo cielo diverrà più scuro, ma diverrà più oscuro anche l’oggetto celeste osservato. C’è però un aspetto interessante che generalmente non viene considerato, cioè la “risposta” differente al fattore ingrandimento, del fondo cielo da una parte e dell’oggetto celeste dall’altra; quest’ultimo, essendo più grande, sfrutterà la capacità dell’occhio di distinguere meglio gli oggetti di grandi dimensioni angolari, semplicemente perché al crescere delle dimensioni dell’oggetto, verrà interessata una maggiore area retinica, in altre parole si ha a disposizione più informazione. Si parla in questo caso, della differenza tra il “contrasto fisico”, che è costante, e il “contrasto percepito” che non lo è (vedi anche il mio articolo sulla rivista Coelum N° 123 a pag. 58). Si potrà obbiettare che anche il fondo cielo sarà più grande; ma quale informazione contiene quest'ultimo?
È vero quindi che il rapporto tra la luminosità del fondo cielo e quella dell’oggetto celeste resta costante al crescere dell’ingrandimento, ciò sembra non essere più valido per il contrasto percepito, come dimostrerebbe in maniera incontrovertibile la diretta esperienza.

Alcuni esempi
In base a quanto esposto fin’ora, poniamo l’accento su alcuni significativi esempi pratici, che chiunque potrà eventualmente constatare direttamente sul campo. Ovviamente affinché un “esperimento” sia ripetibile, è necessario rispettare le condizioni di contorno allo stesso, lavorando con uno strumento dalle caratteristiche analoghe, e condizioni di cielo simili.
Osservando dalla mia postazione suburbana con il fidato Orion da 254 mm, sotto un cielo non certo idilliaco anzi, per la verità lattiginoso (quando non mi reco in alta montagna mi dedico ad esperimenti di questo tipo) le due galassie nel Leone M65/M66 - NGC 3628 la intravedo, alquanto spettrale nelle migliori serate – ho dedicato la serata a verificare l’effettivo guadagno, variando il rapporto segnale/rumore (S/R) con l’utilizzo degli ingrandimenti e/o di filtri interferenziali a larga banda (quest’ultimo discorso meriterà un apposito approfondimento il mese prossimo). A ingrandimenti medio-bassi – 46X - si poteva notare un basso rapporto S/R, dove praticamente risaltavano soltanto le regioni nucleari delle due galassie, specialmente quella di M66, e mostravano un’estensione decisamente ridotta rispetto alle osservazioni in quota.
Portando l’ingrandimento a 92X, si notava chiaramente un fondo cielo più oscuro, con le galassie più evidenti e, sebbene in visione distolta, si notava la loro differente forma, del tutto invisibile agli ingrandimenti minori. Ma la vera sorpresa è giunta a 122X; con un fondo cielo molto più oscuro si notavano chiaramente le silhouette anche in visione diretta (!) con l’M66 dalla regione nucleare più “grassa” rispetto alla compagna, e un alone, molto debole ma apprezzabile. Un altro aspetto molto importante è emerso con i maggiori ingrandimenti; le dimensioni angolari percepite erano aumentate, evidentemente l’ingrandimento maggiore, con il conseguente aumento del rapporto S/R è servito, non solo a staccare meglio le galassie dal fondo cielo, ma a rivelare regioni esterne più deboli. (Vedi immagine a sinistra). Eppure l’assunto di partenza (il rapporto di contrasto tra il fondo cielo e l’oggetto resta costante) mantiene la sua validità ma, come ha dimostrato l’osservazione diretta, è il contrasto percepito a provocare il guadagno riscontrato.

Che effetto ha la differenza tra il contrasto fisico e quello percepito sotto un cielo non inquinato?
Quando il fondo cielo è lattescente, è più facile apprezzare un miglioramento nel rapporto S/R, un fondo cielo oscuro, tipico in alta montagna, rende meno intuitivo (o forse “scontato”) questo guadagno. Per poter verificare il rapporto S/R sotto un cielo non inquinato, sono andato alla ricerca di un paio di deboli galassie all’interno del conosciutissimo ammasso aperto M44 nel Cancro. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, le stelle del “Presepe” creano una certa confusione, oltre a un certo disturbo, nell’osservazione di oggetti così deboli, ma rappresentano anche dei comodi punti di riferimento, specialmente per la verifica “a tavolino”. Mi sono recato a Prarotto, sotto un cielo dalla buona trasparenza (mv limite allo zenit, stimato con la sequenza polare intorno a 6/6,2) con M44 perfettamente visibile ad occhio nudo. Trattandosi di oggetti decisamente al limite, anche con il 508 mm, mi sono avvalso del computer di puntamento passivo “Astromaster”, ridefinendo la precisione di puntamento in prossimità di M44 (assicurandomi il posizionamento degli oggetti selezionati nei pressi del centro del campo oculare anche a ingrandimenti sostenuti). La serata era molto fredda, alcune folate di vento rendevano precaria la posizione sullo scalotto che permette un comodo accesso all’oculare dello strumento. Ho tentato l’osservazione a 133X, utilizzando diverse tecniche, come dare un leggero colpetto al telescopio, ma non ho potuto scorgere le galassie cercate, controllando e ricontrollando la loro posizione… Dopo svariati tentativi, intervallati da alcuni profondi respiri, ho deciso di aumentare l’ingrandimento a 200X, ecco la descrizione, registrata direttamente all’oculare del mezzo metro; (Vedi cartina di confronto)
NGC 2643 - Galassia – mv 15,0 (luminosità superficiale) – Dim. 40”x21”
“200X – si vede in posizione centrale rispetto a due stelline; decisamente debole e piccola, un fiocchetto appena staccato dal fondo cielo”.
NGC 2647 - Galassia – mv 14,1 (luminosità superficiale 13,0) – Dim. 29”x25”
“200X – fa un triangolo con due stelle di mv 8,4/6,7, nelle vicinanze si vede una stellina molto debole (mv 15,5/16); è decisamente piccola e ovattata; difficile ma accattivante!”.
 
Anche in questa occasione, l’ingrandimento maggiore ha operato un miglioramento nel rapporto S/R, tale da permettermi di osservare queste galassie decisamente al limite. Prima di salutarci, vorrei mettere l’accento su un’altra questione; da un’osservazione come questa, ci si rende conto che anche disponendo di un’apertura generosa, risulta indispensabile raggiungerne i limiti, allenando l’occhio (e il cervello) a interpretare luminosità così deboli, in questo caso potremo fare delle belle esperienze con oggetti ben più brillanti e spettacolari.
Buone osservazioni a tutti…

Nota: tutte le cartine sono state realizzate con il software Perseus.

 

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