Spunti di riflessione sulla
difficile arte di osservare
L’attenzione migliora l'osservazione degli oggetti deboli
Le delusioni fanno parte della vita, con le dovute cautele e, quando non estreme,
possono condurre a una maggiore conoscenza delle nostre capacità, portandoci a
rivalutare i nostri stessi limiti. Per giungere a un reale guadagno, almeno nei
termini appena esposti, si dovrebbero rivalutare alcuni “slogan” pubblicitari
che vengono esposti durante le varie reclam, ma non solo…
A tal proposito ricordo che ben 27 anni fa, quando cominciavo a introdurmi in
questa affascinante materia, leggevo (anzi, divoravo!) il bel libro “Astronomia
oggi” di Franco Potenza, un opera pensata per principiante, con un unico neo,
almeno per quanto riguarda il parere di chi scrive: l’autore ci dice infatti che
l’osservazione telescopica diretta, rispetto alle immagini fotografiche, risulta
più spettacolare, con immagini vivide, colorate e tridimensionali!
Tutto questo suona estremamente interessante e affascinate, oltre che poetico,
ma anche pericoloso, perché, come ebbi modo di constatare personalmente
all’oculare del mio primo fidato riflettore Newton 114/900, la realtà era
tutt’altro che “colorata e tridimensionale”. Ovviamente a questa amara
constatazione diedi subito la colpa allo strumento, bollandolo come
troppo piccolo e limitato o, addirittura scadente!
Certo, quest’oggi riconosco pianamente il limite dell’apertura ma, ragionando
con il senno di poi, i reali motivi dell’insoddisfazione all’epoca, si
riallacciavano a quanto avevo letto sul libro citato (che custodisco peraltro
gelosamente e, nonostante sia ormai datato lo consiglierei a chiunque sia alle
prime armi) ma non solo; anche le immagini astronomiche presenti nei vari libri
e riviste specializzate, contribuiscono a creare la nostra “immagine mentale” da
cui scaturisce (che ce ne rendiamo conto o meno) la nostra insoddisfazione,
seguita a ruota da una delusione – spesso cocente – all’oculare del telescopio.
Ci creiamo, in altri termini, la falsa convinzione che, certi dettagli
strutturali, così magnificamente riprodotti con tanta gloria e “facilità” nelle
fotografie, debba essere la norma anche all’oculare dei nostri telescopi.
Nella realtà le cose assumono connotati differenti, infatti l’osservazione di
dettagli strutturali non appare così immediata e (tanto meno) scontata, certi
dettagli, anche “facili” sono sempre da guadagnare. All’oculare del telescopio
ci ritroviamo a lavorare in condizioni “aliene” nel vero senso del termine, dove
abbiamo la necessità di attribuire (e ricollocare) un significato differente a
vari termini così “scontati” nell’osservazione diurna, come: luminosità, colore,
contrasto, dimensioni e particolari strutturali. Il nostro cervello, oltre che i
nostri occhi, devono imparare a, interpretare, il primo e a vedere, i secondi,
in queste condizioni estreme.
Vediamo di affrontarli brevemente, cominciando a ragionare sul loro nuovo
significato, che potremmo definire “astronomico”.
• Luminosità. Sappiamo tutti benissimo valutare questo termine, quando pensiamo
al disco infuocato del Sole, con la sua luminosità accecante, o un paesaggio
montano immerso nei raggi di una luminosa giornata di sole. All’oculare del telescopio
osservando gli oggetti deboli, dobbiamo rivalutare questo termine, anche sugli
oggetti più brillanti, che appariranno sempre (riferiti all’espressione comune)
fin troppo delicati e diafani.
• Colore. Quando diciamo “rosso” riferendoci per esempio ai papaveri, o al “blu”
osservando un intenso e cristallino cielo d’alta quota, abbiamo espresso molto
bene certe determinate sensazioni cromatiche, dai connotati apprezzabili da
chiunque sia dotato di una vista normale. Durante l’osservazione telescopica, a
partire da una certa apertura e su alcune nebulose “brillanti” (vedi il punto
sopra) possiamo certamente esprimere sensazioni di colore. In questo caso
però, bisognerà stare molto attenti ad associare il colore “rosso” tipico nella
visione diurna, allo stesso colore osservato nella nebulosa, nel caso
telescopico infatti, la sensazione del colore sarà decisamente più attutita rispetto al rosso vivo dei
nostri papaveri ma, soprattutto, assai più difficile da cogliere!
• Contrasto. Il contrasto nell’osservazione astronomica, dipende fortemente
dalle condizioni di trasparenza atmosferica, inquinamento luminoso nonché tipo
di oggetto celeste. Lo possiamo esprimere anche in termini di apporto
segnale/rumore, dove per “segnale” s’intende la luminosità dell’oggetto celeste
e per “rumore” la luce diffusa di campo. Tale rapporto rimane costante anche al
variare degli ingrandimenti per una certa apertura, migliorando nettamente nelle
aperture maggiori.
• Dimensioni e particolari strutturali. Le dimensioni degli oggetti celesti
diffusi sono un fattore assai arduo da interpretare, è difficile infatti
attribuire dei confini ben determinati a un oggetto diffuso. Quando parliamo di
dimensioni angolari, dovremmo definire qual’è il nostro riferimento, se in
fotografia o in visuale, dove (in quest'ultimo caso) le dimensioni possono essere notevolmente ridotte,
a causa della minore raccolta di luce. Anche la struttura di un oggetto celeste,
può non essere così facile da osservare, ne (è questo un punto assai importante)
da riconoscere. Possiamo trovarci nell’infelice situazione di colui che non vede
cenni di struttura in una galassia a spirale (conosco gente che non riesce a vedere
le spire della M51 neppure con aperture dell’ordine dei 250/300 mm)
semplicemente perché non è in grado di riconoscerla; la struttura c’è ma lui non
la vede!
Cosa bisogna fare, arrivati a questo punto, per sfondare il muro di questa
“invisibilità del novellino”? Cominciare a prendere coscienza di quanto avete
appena letto e, dare al vostro cervello la possibilità di imparare a
interpretare le immagini in condizione di scarsa illuminazione; come? Osservando
più che si può, facendo attenzione a non giudicare troppo in fretta le proprie
osservazioni e, soprattutto, variando il menù degli oggetti da osservare.
Buone (fruttuose) osservazioni a tutti! |