Negli ultimi anni il mercato
italiano dedicato alla strumentazione
astronomica si è notevolmente arricchito, ma di pari passo si è
ampliata anche l’esigenza da parte dell’amatore che, giustamente, richiede
un prodotto di una certa qualità; potendo affermare che “non è tutt’oro quel
che luce” si possono sfatare alcuni “miti” duri a morire. Ovviamente,
volendo proseguire sulla scia dei detti; “chi più spende meno spende”
mantiene tutta la sua validità, e la qualità ottica risulta un elemento
sempre più comune, anche a prezzi abbordabili. Ma uno strumento non si compone
solo della sua ottica, pur essendone la parte più importante, possiamo fare
l’analogia con il cuore nel corpo umano; la parte più importante deve essere
mantenuta in allenamento (quando non ci siano delle patologie specifiche)
con l’esercizio fisico, che apparentemente non c’entra nulla con quest’organo.
Analogamente, un telescopio di compone di alcune parti, tutte aventi una certa
importanza. Tra le caratteristiche appetibili di questa “rivoluzione
telescopica” degli ultimi anni, c’è sicuramente un ventaglio di prezzi
convenienti, associati a prodotti di una certa qualità: mai come oggi è
possibile dotarsi di una grande apertura a prezzi così ridotti. Anche la
disponibilità di un vasto numero di accessori (oculari, filtri e quant’altro)
ha reso sicuramente la vita più felice all’osservatore del cielo. Ma c’è
(sic!) purtroppo un grande neo in tutto questo discorso: la qualità del
cielo è incostante peggioramento!
Ovviamente se si vogliono fare delle buone osservazioni, che giustifichino
la qualità della propria strumentazione, bisogna recarsi sulle alture (come
fa chi scrive), ma non è possibile andare montagna tutte le sere!
Recentemente ho avuto modo di provare una telecamera ad alta sensibilità, in
grado di effettuare riprese sia sugli oggetti del cielo profondo sia su
pianeti e Luna. Devo ammettere che i risultati ottenuti con questo
accessorio elettronico sono andati al di la delle mie aspettative, ma
soprattutto ho avuto modo di meditare sui alcuni modus operandi dell’osservazione celeste.
Poter osservare i colori delle stelle che compongono un ammasso aperto è
un’emozione irrinunciabile, pensiamo alle stelle bianco azzurre dell’ammasso
delle Pleiadi, o alla variegata tavolozza di colori visibili all’interno
dell’ammasso aperto M25; non si può rinunciare a tanta delicata bellezza!
Anche il disco di un pianeta, o la superficie sterile ma incantata della
Luna, offrono visioni idilliache di paesaggi alieni superbi… Osservando
questi oggetti da differenti località, ci si rende conto che il divario tra
l’alta montagna un cielo suburbano, moderatamente inquinato dalle luci, è
presente, ma non drammatico. La “botta” giunge quando tentiamo
l’osservazione delle galassie e delle nebulose estese: la differenza tra un
cielo inquinato e un cielo d’alta montagna, a parità d’apertura, non è solo
drammatica, è addirittura scioccante!
Osservando il “Leo Triplet” (M65/66/NGC 3628) con un rifrattore apocromatico
da 102 mm di diametro, dalla mia postazione suburbana (sebbene spazzata dal
vento) tutto quello che si poteva vedere erano due macchiette, indistinte (NGC
3628 assente) visibili, ma indistinte, emergenti da un fondo cielo non
scurissimo. In alta montagna, con lo stesso strumento e gli stessi oggetti,
la visione appare totalmente ribaltata; tre galassie nette, con la 3628
“coricata” sulle altre due, che mostravano senza ambiguità una forma netta!
Adattarsi
Una delle caratteristiche vincenti della vita sulla Terra, è da attribuire
senz’altro alla capacità di adattarsi ai diversi scenari che il pianeta
azzurro ci ha messo a disposizione nelle varie ere geologiche, non sempre favorevoli a una vita agiata. Ci
sono diverse opinioni sull’inquinamento luminoso, e chi scrive ha già
espresso ampiamente il suo pensiero in merito, su queste pagine. Si può (si
deve!) discutere della possibilità di sconfiggerlo, senza spedire nel buio
milioni di persone, ma un fatto è innegabile – purtroppo: si tratta di una
realtà fin troppo evidente. Sarebbe come ammettere che, dal momento che l’aria
delle nostre città è inquinata, si può fare a mano di di respirare!
Ecco, quando l’osservazione celeste diviene per noi un elemento di
straordinaria importanza, tale da non poterne più fare a meno, allora si
deve far cadere un certo “fondamentalismo” che potremmo identificare con un
atteggiamento da puristi. A voler essere proprio pignoli, anche l’uso dei
filtri interferenziali è contrario alla filosofia del “purista per giunta”.
Anche i più conservatori dovranno rassegnarsi all’uso della tecnologia, dal
trattamento depositato sia sugli obbiettivi dei nostri preziosi gioielli
ottici, che dei loro accessori.
Mi pare di sentire l’amico lettore che, leggendo queste righe storce il
naso, e magari un po’ deluso pensa a un invito di gettare la spugna. Non è
mia intenzione percorrere tale linea d’azione! Ci deve pur essere un modo
che, pur consentendomi di scendere a qualche compromesso, non mi getti nel
regno degli arresi…
Telecamere ad altissima sensibilità
Avendo avuto modo di utilizzare una telecamera ad alta sensibilità, mi sono
perfettamente reso conto della buona
occasione per provare una possibile
soluzione, seppur nella classica via di mezzo, tra l’osservazione visuale
“pura” e il senso di impotenza dettato da immagini slavate e terribilmente
inquinate
dalle luci artificiali.
Per fare la prova ho utilizzato, una volta tanto in maniera proficua, un cielo
suburbano inquinato dalle luci e parzialmente velato, condizioni assai
avverse all’osservazione. La possibilità di disporre di un tempo di
esposizione di 10 secondi, mi indusse a tentare l’osservazione delle
galassie, notando con mia sorpresa una resa più che decorosa: non solo si
rendono visibili galassie deboli (mv 12,5/13 con un C14), ma l’immagine è
gradevole, seppure impastata, avvicinandosi alla tipica sensazione visuale.
Ho scelto le galassie perché risultano di gran lunga le più penalizzate
dall’inquinamento luminoso. “Ecco una possibile via di mezzo” mi son detto.
Il disegno (I disegni di Marte e Giove, sono
dell'autore, eseguiti attraverso il Dobson
Orion da 254 mm)
Il disegno non migliora certamente la qualità del cielo, ma offre notevoli
spunti di riflessione all’oculare del telescopio; dal riportare
accuratamente le posizioni delle stelle di un ammasso aperto, alla
riproduzione dei colori di una stella doppia, all’inesauribile serbatoio
emozionale che scaturisce nel disegnare dettagli planetari. Per un
osservatore del cielo profondo, i pianeti possono rappresentare notevoli
laboratori di allenamento del sistema occhio/cervello, risultando utile e
proficua nell’osservazione degli oggetti deboli, seppur in quest’ultimo caso
si utilizzi una tecnica diversa, in quanto l’allenamento è comunque
allenamento. Personalmente ho constatato che (ovviamente ognuno è libero
delle proprie opinioni) è meglio osservare un pianeta dalla propria
osservazione suburbana, piuttosto che non osservare affatto! Chi scrive deve
molto a questa pratica, la quale lo ha letteralmente “costretto” a
soffermarsi sui particolari più minuti e – apparentemente – insignificanti.
Pur essendo principalmente un osservatore del cielo profondo, ho esercitato
(ed esercito tutt’ora) il piacere di utilizzare un pianeta ben alto nel cielo,
durante una serata dal buon seeing, che si presta al disegno. Essendo anche un amante dell’apertura
generosa, non disdegno l’osservazione attraverso le piccole aperture, che se
di buona qualità possono riservare diverse sorprese. Proprio qualche sera fa
mi è capitato di osservare il pianeta Saturno, tra una nube e l’altra (!)
con un rifrattore apo (ED) da 102 mm, uno strumento splendido, ma il diametro
resta quello che è: l’immagine di Saturno a 180X era davvero degna di nota:
un pianeta colorato, con alcune fasce apprezzabili sul delicato globo… e
un anello che sembrava tagliato con il rasoio! Anche l’immagine di una
stella perfettamente a fuoco, con il dischetto di Airy ben visibile, in
un’immagine scolpita “da manuale” merita l’identica attenzione che
riserviamo a una
galassia di mv 14 distante 350 milioni di anni luce!
L’invito di questo mese (e di tutti i mesi dell’anno) è: osservare più che
si può! |