Dicembre 2008
 

La soddisfazione di vederle!

Non si proprio dire che, almeno negli ultimi mesi (specialmente al nord) le condizioni meteo siano state molto clementi con noi poveri astrofili! Le uscite in montagna sono risultare assai rade, specie dopo il periodo estivo, cosa assai deabilitante, specie per chi è abituato a “tuffarsi” nel vasto cosmo alla ricerca di tesori celesti da gustare appieno. Così, approfittando delle aperture della seconda metà di novembre, ci siamo concessi qualche ora sotto le stelle, rifocillandoci con galassie, nebulose e oggetti celesti d’ogni tipo. In particolare, la giornata di sabato 22 novembre 2008, è stata di grande lezione per chi scrive che, assieme all’amico Spanu, si è recato (nonostante la tempesta di vento del giorno prima) a Prarotto, sotto un bel cielo ma, che vento e – soprattutto – che gelo!
Non appena giunti sul posto ci rendemmo conto della bassa temperatura, anche se non certamente polare, sennonché le raffiche di vento (un favonio particolarmente ghiacciato, dal momento che nei versanti esteri stava nevicando abbondantemente) ci ponevano in una condizione termica non certo favorevole. Montammo ugualmente il “bimbo” procedendo con l’immancabile allineamento delle ottiche, intanto il cielo sopra di noi mostrava una certa (buona) trasparenza, tanto che con la sequenza polare ho stabilito la mv limite della serata, attorno alla 6/6,2. Ma la vera, e purtroppo assai spiacevole, sorpresa è stato il seeing, com’era del resto prevedibile, anche se non potevamo certamente prevedere immagini così scadenti, con stelle tanto sballottate dalla turbolenza atmosferica da risultare gonfiate, con uno sgradevole “effetto blur” (sfocatura). Quando si verifica questo, c’è ben poco da fare, o si smonta lo strumento e, gettando la spugna, si ritorna a casetta, oppure si accetta la sfida e si cerca di fare quel che si può; noi – come avrete sicuramente capito – abbiamo optato per la seconda scelta. Bisogna dire, in tutta franchezza, che la tentazione di mollare tutto e tornare in un ambiente caldo, c’è stata, ma la voglia di osservare ci ha fatto ignorare anche questa umana necessità. Al momento di smontare lo strumento, non sentivo più le mani, a tal punto di temere qualche danno allo stesso, dal momento che non riuscivo a muovere, se non a stenti, le dita della mani! Ma procediamo con ordine…

Un’osservazione difficile
Benché protetti dal vento dalle vette circostanti, l’impeto dell’aria gelida riusciva, in certi momenti, a far alzare il tubo del telescopio! Le parti del corpo che più hanno risentito di quest’aria pungente sono state le mani, la faccia e, in misura molto minore, i piedi. Ho riscontrato come sia tutt’altro che facile restare in piedi sullo scalotto che permette di accedere all’oculare, quando il telescopio punta ad alte declinazioni; durante forti folate di vento ghiacciato, si arriva a perdere anche l’equilibrio! Gli accessori si manipolano con fatica, rischiando di cadere, e la stanchezza giunge prima del previsto. Generalmente, quando ci si reca in quota a osservare, si è incentivati a rimanere, nonostante il freddo, dalla bellezza delle immagini offerte dallo strumento che, quando superbe, ci fanno scordare di tutto: del tempo che passa, del freddo e, perfino di noi stessi! Ma questa osservazione è stata caratterizzata da immagini slavate e sfocate dal seeing, quindi c’è voluta una certa forza d’animo per rimanere. Personalmente ho imparato diverse cose durante questa sessione osservativa:

La forza di carattere è indispensabile per riuscire. Bisogna saper volere intensamente ciò che si pratica.
Lavorare in tutte le condizioni ci aiuta a comprendere meglio sia l’elemento tecnico (strumento) sia l’elemento umano. Ritengo estremamente importante capire chi si è, e certe condizioni ti mettono sicuramente alla prova, quindi ben vengano.
Se riesco a confermare alcuni oggetti celesti, visti al limite in queste condizioni, sicuramente quando lavorerò in circostanze più favorevoli riuscirò a vedere molto di più.

Quando si ritorna a casa, al caldo delle proprie mura domestiche, ci si stente appagati da una certa attività, scordando il freddo e le difficoltà ma, soprattutto, essendo ben consci dei propri limiti. È facile infatti decantare la forza di una passione immersi nella piena comodità, più difficile continuare ad affermarla in condizioni di disagio. È anche facile criticare le osservazioni altrui, sparlando di limiti invalicabili, quando in realtà si vogliono imporre ad altri i propri limiti, spesso dettati da una mancanza di esercizio. Questo ho imparato, in sintesi, da questa splendida (e ghiacciata) nottata osservativa!

Galassie!
È difficile riportare la sensazione di frustrazione e di impotenza quando, osservando nell’oculare del telescopio, non si vedono le solite immagini puntiformi e contrastate, ma una congerie di stelle gonfie e dall’aspetto sfuocato, specie quando si è alla ricerca di galassie, tanto piccole e deboli da confondersi proprio con le stelle dilatate. Abbiamo accettato la “sfida” della serata, cercando di confermare – o smentire – l’osservazione di alcune galassie al limite, provando a noi stessi il valore dell’interpretazione indotto dal sistema occhio/cervello, in una attività spinta tra il limite reale/illusorio; ci siamo comunque ripromessi di ritornare su questi stessi oggetti, in condizioni di seeing più favorevoli.
Ecco come ho proceduto: senza conoscere a priori l’oggetto osservato, ho provveduto alla sua osservazione servendomi del mio fidato registratore digitale tascabile, cercando di riportare – come sempre del resto – minuziosamente ogni cosa presente nel campo oculare. Successivamente, ho provveduto a confermare (o smentire) l’osservazione, standomene comodamente seduto davanti al computer, e analizzando un’immagine fotografica dell’oggetto osservato. Lavorando nella trascuratissima costellazione dell’Orsa Minore, abbiamo diretto il telescopio verso la debole galassia NGC 5323 (mv 13,7) http://archive.stsci.edu/cgi-bin/dss_search?r=13:45.5&d=+76:51&e=J2000&h=15&w=15&f=GIF&c=none: “133X – è un impresa riuscire a distinguerla, non tanto per la sua bassa luminosità quanto per il seeing pessimo, che sfoca le stelline di campo, simulando piccole chiazzette nebulose! Il campo è composto da minute stelline e la galassia si riesce a distinguere, sebbene con una certa fatica, perché, a differenza delle stelle, le quali per brevissimi istanti ritrovano la propria puntiformità, resta una chiazza nebulosa; mostra una regione nucleare evidente ma non preponderante, elongata (seppur di poco) in direzione nord/ovest-sud/est”. Si confronti questa descrizione con l’immagine della stessa.
Un’altra osservazione molto interessante, addirittura strabiliante se si tiene conto della turbolenza atmosferica, è rappresentata dalla coppia di galassie NGC 6068-6068A di mv 13 e 14,4: http://archive.stsci.edu/cgi-bin/dss_search?r=15:55.4&d=+79:00&e=J2000&h=15&w=15&f=GIF&c=none
“133X – è circondata da stelline discretamente brillanti che non arrecano nessun disturbo all’osservazione (ce ne una particolarmente luminosa, mv 10,5 a 2,5’ verso nord/est). Con la visione diretta ne vedo due; 2’ a ovest c’è la NGC 6068A di mv 14,4 e 57”x16”(!) di dimensioni angolari. La prima appare nettamente elongata – nord/ovest-sud/est – somiglia a una mandorla, senza una regione nucleare apprezzabile, mentre la compagna è decisamente piccola; entrambe le galassie non si confondono con le stelle di campo”. Lascio al lettore ogni commento in merito.

Conclusioni
In definitiva, è bello sapere di poter contare su noi stessi, in primis, e anche su altri, che come noi condividono questa passione per il cielo ma, soprattutto, poter lavorare in condizioni proibitive, ci permette di rendere al meglio in quelle ottimali. Ho sentito l’amico Franco Bertucci, di Milano, il quale mi diceva che lo stesso sabato notte ha addirittura fatto l’alba, (anche se costui ha potuto contare su un seeing decisamente migliore del mio) con una temperatura media intorno ai -10°! Ecco colui che, per poter godere della maestà del cielo stellato è costretto a fare l’alba e chi, come chi scrive queste righe, assieme all’amico Spanu, possono accumulare l’equivalente di un’intera nottata di osservazioni, in uscite diverse (tre nella settimana a cavallo del 22 novembre) dando delle “zampate” anche profonde alla volta stellata. Concludo esprimendo il mio riconoscimento verso un Prarotto molto rigido, che come un maestro severo ci ha messi a dura prova, temprandoci sia nel corpo che nello spirito.

 

Se decidiamo di buttare via
una serata di osservazioni
bisogna pensare che,
assieme ad essa
vola via anche una parte di noi…
(Salvatore Albano)

 

 

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