La soddisfazione di vederle!
Non si proprio dire che, almeno negli ultimi mesi (specialmente al
nord) le condizioni meteo siano state molto clementi con noi poveri
astrofili! Le uscite in montagna sono risultare assai rade, specie
dopo il periodo estivo, cosa assai deabilitante, specie per chi è
abituato a “tuffarsi” nel vasto cosmo alla ricerca di tesori celesti
da gustare appieno. Così, approfittando delle aperture della seconda
metà di novembre, ci siamo concessi qualche ora sotto le stelle,
rifocillandoci con galassie, nebulose e oggetti celesti d’ogni tipo.
In particolare, la giornata di sabato 22 novembre 2008, è stata di
grande lezione per chi scrive che, assieme all’amico Spanu, si è
recato (nonostante la tempesta di vento del giorno prima) a
Prarotto, sotto un bel cielo ma, che vento e – soprattutto – che
gelo!
Non appena giunti sul posto ci rendemmo conto della bassa
temperatura, anche se non certamente polare, sennonché le raffiche
di vento (un favonio particolarmente ghiacciato, dal momento che nei
versanti esteri stava nevicando abbondantemente) ci ponevano in una
condizione termica non certo favorevole. Montammo ugualmente il
“bimbo” procedendo con l’immancabile allineamento delle ottiche,
intanto il cielo sopra di noi mostrava una certa (buona)
trasparenza, tanto che con la sequenza polare ho stabilito la mv
limite della serata, attorno alla 6/6,2. Ma la vera, e purtroppo
assai spiacevole, sorpresa è stato il seeing, com’era del resto
prevedibile, anche se non potevamo certamente prevedere immagini
così scadenti, con stelle tanto sballottate dalla turbolenza
atmosferica da risultare gonfiate, con uno sgradevole “effetto blur”
(sfocatura). Quando si verifica questo, c’è ben poco da fare, o si
smonta lo strumento e, gettando la spugna, si ritorna a casetta,
oppure si accetta la sfida e si cerca di fare quel che si può; noi –
come avrete sicuramente capito – abbiamo optato per la seconda
scelta. Bisogna dire, in tutta franchezza, che la tentazione di
mollare tutto e tornare in un ambiente caldo, c’è stata, ma la
voglia di osservare ci ha fatto ignorare anche questa umana
necessità. Al momento di smontare lo strumento, non sentivo più le
mani, a tal punto di temere qualche danno allo stesso, dal
momento che non riuscivo a muovere, se non a stenti, le dita della
mani! Ma procediamo con ordine…
Un’osservazione difficile
Benché protetti dal vento dalle vette circostanti, l’impeto
dell’aria gelida riusciva, in certi momenti, a far alzare il tubo
del telescopio! Le parti del corpo che più hanno risentito di
quest’aria pungente sono state le mani, la faccia e, in misura molto
minore, i piedi. Ho riscontrato come sia tutt’altro che facile
restare in piedi sullo scalotto che permette di accedere all’oculare,
quando il telescopio punta ad alte declinazioni; durante forti folate di
vento ghiacciato, si arriva a perdere anche l’equilibrio! Gli
accessori si manipolano con fatica, rischiando di cadere, e la
stanchezza giunge prima del previsto. Generalmente, quando ci si
reca in quota a osservare, si è incentivati a rimanere, nonostante
il freddo, dalla bellezza delle immagini offerte dallo strumento
che, quando superbe, ci fanno scordare di tutto: del tempo
che passa, del freddo e, perfino di noi stessi! Ma questa
osservazione è stata caratterizzata da immagini slavate e sfocate dal
seeing, quindi c’è voluta una certa forza d’animo per rimanere.
Personalmente ho imparato diverse cose durante questa sessione
osservativa:
•
La forza di carattere è indispensabile per riuscire. Bisogna saper
volere intensamente ciò che si pratica.
•
Lavorare in tutte le condizioni ci aiuta a comprendere meglio sia
l’elemento tecnico (strumento) sia l’elemento umano. Ritengo
estremamente importante capire chi si è, e certe condizioni ti
mettono sicuramente alla prova, quindi ben vengano.
• Se riesco a confermare alcuni oggetti celesti, visti al limite in
queste condizioni, sicuramente quando lavorerò in circostanze più
favorevoli riuscirò a vedere molto di più.
Quando si ritorna a casa, al caldo delle proprie mura domestiche, ci
si stente appagati da una certa attività, scordando il freddo e le
difficoltà ma, soprattutto, essendo ben consci dei propri limiti. È
facile infatti decantare la forza di una passione immersi nella
piena comodità, più difficile continuare ad affermarla in condizioni
di disagio. È anche facile criticare le osservazioni altrui,
sparlando di limiti invalicabili, quando in realtà si vogliono
imporre ad altri i propri limiti, spesso dettati da una mancanza di
esercizio. Questo ho imparato, in sintesi, da questa splendida (e
ghiacciata) nottata osservativa!
Galassie!
È difficile riportare la sensazione di frustrazione e di impotenza
quando, osservando nell’oculare del telescopio, non si vedono le
solite immagini puntiformi e contrastate, ma una congerie di stelle
gonfie e dall’aspetto sfuocato, specie quando si è alla ricerca di
galassie, tanto piccole e deboli da confondersi proprio con le
stelle dilatate. Abbiamo accettato la “sfida” della serata, cercando
di confermare – o smentire – l’osservazione di alcune galassie al
limite, provando a noi stessi il valore dell’interpretazione indotto
dal sistema occhio/cervello, in una attività spinta tra il limite
reale/illusorio; ci siamo comunque ripromessi di ritornare su questi
stessi oggetti, in condizioni di seeing più favorevoli.
Ecco come ho proceduto: senza conoscere a priori l’oggetto
osservato, ho provveduto alla sua osservazione servendomi del mio
fidato registratore digitale tascabile, cercando di riportare – come
sempre del resto – minuziosamente ogni cosa presente nel campo
oculare. Successivamente, ho provveduto a confermare (o smentire)
l’osservazione, standomene comodamente seduto davanti al computer, e
analizzando un’immagine fotografica dell’oggetto osservato.
Lavorando nella trascuratissima costellazione dell’Orsa Minore,
abbiamo diretto il telescopio verso la debole galassia NGC 5323
(mv 13,7)
http://archive.stsci.edu/cgi-bin/dss_search?r=13:45.5&d=+76:51&e=J2000&h=15&w=15&f=GIF&c=none:
“133X – è un impresa riuscire a distinguerla, non tanto per la sua
bassa luminosità quanto per il seeing pessimo, che sfoca le stelline
di campo, simulando piccole chiazzette nebulose! Il campo è composto
da minute stelline e la galassia si riesce a distinguere, sebbene
con una certa fatica, perché, a differenza delle stelle, le quali
per brevissimi istanti ritrovano la propria puntiformità, resta una
chiazza nebulosa; mostra una regione nucleare evidente ma non
preponderante, elongata (seppur di poco) in direzione
nord/ovest-sud/est”. Si confronti questa descrizione con l’immagine
della stessa.
Un’altra osservazione molto interessante, addirittura strabiliante
se si tiene conto della turbolenza atmosferica, è rappresentata
dalla coppia di galassie NGC 6068-6068A di mv 13 e 14,4:
http://archive.stsci.edu/cgi-bin/dss_search?r=15:55.4&d=+79:00&e=J2000&h=15&w=15&f=GIF&c=none
“133X – è circondata da stelline discretamente brillanti che non
arrecano nessun disturbo all’osservazione (ce ne una particolarmente
luminosa, mv 10,5 a 2,5’ verso nord/est). Con la visione diretta ne
vedo due; 2’ a ovest c’è la NGC 6068A di mv 14,4 e 57”x16”(!) di
dimensioni angolari. La prima appare nettamente elongata –
nord/ovest-sud/est – somiglia a una mandorla, senza una regione
nucleare apprezzabile, mentre la compagna è decisamente piccola;
entrambe le galassie non si confondono con le stelle di campo”.
Lascio al lettore ogni commento in merito.
Conclusioni
In definitiva, è bello sapere di poter contare su noi stessi, in
primis, e anche su altri, che come noi condividono questa passione per il
cielo ma, soprattutto, poter lavorare in condizioni proibitive, ci
permette di rendere al meglio in quelle ottimali. Ho sentito l’amico
Franco Bertucci, di Milano, il quale mi diceva che lo stesso sabato notte ha
addirittura fatto l’alba, (anche se costui ha potuto contare su un
seeing decisamente migliore del mio) con una temperatura media intorno ai -10°!
Ecco colui che, per poter godere della maestà del cielo stellato è
costretto a
fare l’alba e chi, come chi scrive queste righe, assieme all’amico
Spanu, possono accumulare l’equivalente di un’intera nottata di
osservazioni, in uscite diverse (tre nella settimana a cavallo del
22 novembre) dando delle “zampate” anche
profonde alla volta stellata. Concludo esprimendo il mio
riconoscimento verso un Prarotto molto rigido, che come un maestro
severo ci ha messi a dura prova, temprandoci sia nel corpo che nello spirito.
Se decidiamo di buttare via
una serata di osservazioni
bisogna pensare che,
assieme ad essa
vola via anche una parte di noi…
(Salvatore Albano)
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