Spunti di riflessione sulla
difficile arte di osservare
Un’immagine vale più di mille parole
Non è così infrequente citare (e ascoltare) espressioni proverbiali, molte volte
assai azzeccate… Ce ne sono veramente tanti e, adatti praticamente a ogni
occasione ma, quello citato in apertura di questa nostra chiacchierata
(un’immagine vale più di mille parole) è, a mio avviso, decisamente azzeccato
per la nostra attività di osservatori del cielo. Si può leggere, anche numerose
volte, un ottimo manuale di nuoto, per rischiare ugualmente (se non si è capaci
di nuotare) di morire affogati nella propria vasca da bagno! Certo, serve sia la
pratica sia la grammatica ma (questo è valido per tutte le attività umane)
l’unico modo per imparare a fare una cosa è quello di farla!
Non sto rifiutando aprioristicamente la teoria, sarebbe un “errore tattico”
imperdonabile, affermo soltanto che la diretta pratica sul campo è
insostituibile da qualunque lettura, la quale potrà certamente darci una mano (a
volte decisiva) a orizzontarci tra le innumerevoli cose da fare e, ultimo ma non
per questo meno importante (o come direbbe un anglosassone, last but not least)
darci la conferma che stiamo agendo nella giusta direzione, ma bisogna praticare in prima
persona.
Chi scrive può parlare per diretta esperienza sul campo, in quanto quando ha
iniziato lo ha fatto in completa solitudine, non conoscendo nessun collega
astrofilo e non essendo iscritto in nessuna associazione, come tutt’ora del
resto, ma per altre motivazioni a carattere personale. Ricordo che pur avendo
letto per ben tre volte, la bella enciclopedia della Curcio “Astronomia Alla
scoperta del cielo” (si rifletta a proposito quante nozioni si possono imparare
leggendo un’opera come questa, corredata nella suo ultimo volume, di una ampia
parte pratica) non riuscivo a puntare, le prime volte ovviamente, nemmeno la grande M31
con un riflettore newtoniano da 114/900!
In questi anni dedicati alla divulgazione, mi sono imbattuto in diverse persone,
tutte con problemi a volte simili anche se non identici. Ad esempio, tempo fa
sono stato contattato da un simpatico signore che voleva un parere sull’acquisto
di un telescopio, potendo scegliere tra due diametri diversi (un 300 mm e un 400
mm) domandava la reale differenza, in termini di prestazioni, tra questi due
diametri. Questo signore aveva letto tanto sull’argomento e, almeno nella teoria
si era fatto una opinione ben precisa, dalla quale risultava una differenza di
prestazioni minima. Dopo una buona mezz’ora di chiacchierata, dove gli
illustravo con esempi pratici personali la reale differenza tra i due telescopi
in esame, gli facevo notare, oltre la superiorità schiacciante del diametro più
grande su quello minore, che i miei esempi provenivano da un’esperienza diretta
sul campo, in anni di pratica, mentre la sua proveniva da un “mondo di carta”.
Come andò a finire dunque? Acquistò il telescopio maggiore e, quando più tardi
ebbe modo di confrontarlo con altri strumenti da 300 mm di diametro,
partecipando a vari star party, mi ricontattò ringraziandomi del consiglio, ma
questa volta nelle sua parole c’era la certezza di colui che parla per
esperienza diretta.
Non sono tanto infrequenti le e-mail che giungono al mio indirizzo di posta
elettronica con problematiche simili; su l’uso degli ingrandimenti, dei filtri
interferenziali e, perfino, di qualcuno che non crede a quello che ha visto
attraverso il proprio strumento, tanto si discosta da quanto affermato da una
certa letteratura!
Ricevo anche e-mail di chi, forte della propria esperienza diretta sul campo,
esprime tutta la sua meraviglia: Carlo Deleidi (lo abbiamo conosciuto qualche
mese fa) mi ha inviato altre osservazioni, secondo me interessanti, perché
esprimono la bellezza del rendersi conto in prima persona; osservando il noto (e
bello) ammasso aperto nel Cigno M29, con uno SkyWatcher apo da 80 mm (piccolo ma
eccellente strumento) il nostro lo riporta come, “una miniatura delle
Pleiadi (62X). A 124X, con la Barlow 2X, rende ancora bene ma, a 185X perde
molto del suo fascino perché troppo disperso”. Ancora; “osservando la galassia
M108 (U. Ma) e la vicina nebulosa planetaria M97, è quest’ultima che mi ha dato
più soddisfazione, benchè più diafana della precedente, nonostante la sua mv più
favorevole”!
Carlo esprime dei giudizi precisi in questi suoi reports, giudizi ben ponderati
e responsabili, espressi da chi, evidentemente, registra con cura le sue
osservazioni.
Chi osserva dall’Italia settentrionale, ha avuto (in questi ultimi due mesi) non
molte occasioni per godere dl un cielo stellato, a causa di insistenti
perturbazioni (con la sacrosanta necessità della pioggia, anche se
innegabilmente fastidiosa). Recentemente,
godendo di un’inaspettata apertura grazie ad un propizio foehn ho potuto
“rispolverare” il mio fidato Dobson da 254 mm della Orion, strumento dalle
ottiche eccellenti. La nottata era limpida e trasparente, ma una Luna quasi
piena, sebbene bassa sull’orizzonte, insidiava con la sua splendente luminosità,
le osservazioni degli oggetti deboli; “bene (mi son detto) è ora di gustasi dei
bei panorami lunari” e con Giove a poca distanza mi apprestavo a tuffarmi
nell’immensità del cosmo. Ma il seeing – a causa del vento – non permetteva
certamente osservazioni dettagliate, decisi (tanto cosa avevo da perdere pensai)
di dedicarmi, seppur con le dovute cautele, al profondo cielo, ben conscio che
le condizioni avverse per questo tipo di attività, così appagante sotto un bel
cielo cristallino d’alta montagna, ma alquanto frustante da una località
inquinata dalle luci.
Puntando alcuni ammassi aperti nella costellazione dell’Aquila dovetti in parte
ricredermi, infatti, superata la prima occhiata, con la quale si notava un fondo cielo ben
luminoso, ad un esame più attento, si vedevano saltar fuori una miriade
minutissime di stelline, quasi a voler ribadire la presenza della Via Lattea in
quella zona: “NGC 6709 - 46X – molto bello e ricco di delicate stelline di
fondo, nonostante la presenza della Luna in età avanzata. L’ammasso appare
allungato in direzione est/ovest, ricorda un palloncino. Sembra avere due
distinte condensazioni, le sue componenti sono fittissime e non mostra nessuna
particolare condensazione centrale. 92X – splendido; si divide in due tronconi,
come una vaga Y.” (254 mm in postazione suburbana con buona trasparenza).
Osservando l’ammasso aperto M11 nella costellazione dello Scudo, ne riporto la
seguente descrizione; “46X – splendido, ha una forma sferica, con stelline
puntiformi e colorate! Non rivela una particolare condensazione verso il centro,
anche se è ben impacchettato. Con la visione distolta, mostra una forma
leggermente allungata – nord/sud. 92X – il maggiore ingrandimento ne spinge la
risoluzione più in profondità, mostra un paio di stelle piuttosto brillanti
verso sud (mv 9,3 var. e 9,1, quest’ultima arancione). Nella parte centrale
(anche se non esattamente nel mezzo) appare una densa striscia di stelline molto
fitte, che tagliano l’intero ammasso in direzione est/ovest”. Puntando NGC 6712,
un vicino ammasso globulare ho avuto una piacevole sorpresa; nonostante un fondo
cielo non proprio scurissimo “lo si vede in posizione centrale rispetto a due
brillanti stelle (mv 8,9 arancione a est e mv 8,9, bianca, più distante verso
ovest, assieme ad altre più deboli e fini; con la visione distolta, lo si vede
come un soffice fiocco di cotone, sperso tra le stelline di fondo…”. Tutto
questo in postazione suburbana (15 km da Torino) e la presenza della Luna quasi
piena non molto distante da quest’oggetto!
Possiamo fare alcune interessanti considerazioni al riguardo;
1. Osservare ogni volta che il cielo permette, anche in postazioni diverse
dall’alta montagna, accresce e mantiene la nostra abilità di osservatori.
2. Con le dovute cautele, è possibile fruire dell’osservazione del cielo
profondo anche da siti relativamente inquinati, a patto di rispettare le
seguenti regole:
•
Bisogna selezionare solamente gli oggetti più idonei al proprio sito.
•
Attendere pazientemente le serate adatte, con la giusta trasparenza,
condizioni che si verificano maggiormente durante la stagione più fredda e/o
quando il cielo è spazzato dal vento.
•
Schermare opportunamente le luci circostanti la propria postazione osservativa
e (lo consiglio vivamente) incappucciarsi con un panno nero quando ci si
appresta all’oculare. Si potrà sperimentare il notevole – provare per credere! –
miglioramento nella capacità di distinguere gli oggetti più deboli. A questo
proposito, recentemente, adottando questa tecnica sono riuscito a staccare
(notando cenni di granulazione) l’ammasso globulare M9 nell’Ophiuco, altrimenti
invisibile (!).
•
Non avere fretta all’oculare del telescopio, ma attendere che l’occhio si
adatti all’oggetto in esame, si potranno notare molti progressi.
Ci salutiamo con la seguente osservazione: nell’osservazione visuale del cielo
profondo, un elemento assolutamente essenziale è la trasparenza atmosferica, se
il cielo è fosco faremo bene a rivolgerci a stelle doppie, pianeti e Luna.
Ovviamente quando possibile è sempre (SEMPRE) meglio recarsi in montagna,
salendo più in alto possibile, dal momento che la trasparenza del cielo cresce
con la quota. Sarebbe meglio, se ne abbiamo la disposizione, non scendere al di
sotto dei 1400/500 m.
Attendo le vostre e-mail, dove spero possiate comunicarmi il valore pratico dei
consigli adottati questo mese.
Buone osservazioni a tutti. |