Quando ci si avvicina all’astronomia, si rimane spesso incantati davanti alle favolose immagini fotografiche dei vari corpi celesti: i delicati filamenti delle nebulose gassose, lo spettacolo maestoso di un ammasso globulare, l’eleganza di alcune nebulose planetarie ma, in special modo, dalle splendide galassie a spirale… Si pensa all’acquisto di uno strumento, con il portafoglio alla mano da una parte, e
con la nostra mente che vola sulle immagini, ammirate nei vari libri dall’altra. La delusione diventa spesso cocente, perché nell’oculare del nostro strumento, molto raramente potremo ammirare quanto visto, – peraltro così nitidamente – in fotografia. Il problema risiede nelle cattive condizioni di cielo, con l’inquinamento luminoso come ostacolo principe, ma anche (e soprattutto), ad un problema di diametro del nostro telescopio. Per poter sperare di vedere direttamente alcune delle sfumature che possiamo ammirare per via fotografica, ci va un'apertura non inferiore a 350/400 mm, già, ma siffatti strumenti oltre ad avere un certo costo, hanno anche un ingombro non indifferente, come può constatare chiunque si porti dietro un telescopio di “soli” 250 mm di diametro.
Possiamo risolvere il problema dell’apertura utilizzando la configurazione dobson.
La montatura Dobson, (ideata da J. Dobson, da cui prende il nome), rappresenta una soluzione decisamente intelligente all’annoso problema dell’ingombro: una montatura leggera, in legno o alluminio, con struttura a giorno e un telone nero che funge da tubo, una base solida e di una certa stabilità, movimenti molto docili e
fluidi. All’occorrenza possiamo far montare i motori per l’inseguimento delle stelle, o una tavola equatoriale, per avere uno strumento con i fiocchi. In questo modo possiamo sperare di trasportare telescopi anche da 600 mm, (accettando un certo ingombro, nonché un certo peso e varie soluzioni per il trasporto, con l’aumentare delle dimensioni), ed oltre, sotto splendide località montane.
L’ARIETE da 20” (508 mm).
Ci sono vari costruttori di telescopi dobson, per la maggior parte stranieri, (questo tipo di strumento è molto usato negli Stati Uniti,
sebbene da noi comincia a prendere piede solo ora), ed ognuno di questi costruttori ha un suo
modus operandi. Fino a qualche anno fa la filosofia del “dob” era semplicemente la grande apertura, senza curarsi troppo della lavorazione ottica, potevamo in questo modo avere uno strumento decisamente grosso ma lavorato in modo molto scadente, tale da far coniare dai nostri colleghi d’oltre oceano l’espressione, bucket of light, (secchio di luce), rendendo questi strumenti praticamente inutili per l’alta
risoluzione e sprecando in questo modo l’enorme potenziale legato alla grande apertura; un vero peccato. Ma oggi questa filosofia sta decisamente cambiando, possiamo trovare dobsoniani con ottiche eccelse, in grado di sfruttare pianamente – seeing permettendo naturalmente – il vantaggio dell’apertura.
Quando ordinai presso la ditta di Germano Marcon, l’Ariete da 20”, domandai subito della lavorazione ottica, Germano mi rispose che questa si attesta su 1/16 di lambda.
L’ottica
Trovarsi faccia a faccia con un ottica da mezzo metro, è un’esperienza da
fare! Lo strumento ha visto la sua prima luce sotto un cielo ideale, ma l’ottica risultò pesantemente scollimata; in fin dei conti era stata sballottata
nel trasporto tramite corriere!
Collimare un mezzo metro f 4 non è così immediato, ma con l’esperienza possiamo fare un buon lavoro in pochi minuti, l’unica accortezza che bisogna avere è quella di essere in due, vista la lunghezza dello strumento. Una volta centrato ha
rivelato una buona ottica, con immagini intra ed extra focali uguali,
e anelli di diffrazione da manuale, (c’era anche – fortunatamente – un buon seeing).
Ma vediamolo all'opera:
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Luna
Ho avuto modo di provare il 20” sulla Luna a tutta apertura, quando il cielo era ancora chiaro, (puntare un ottica da mezzo metro sul nostro satellite naturale senza filtro potrebbe costare molto caro), riscontrando un’incredibile incisione, e anche se il cielo era ancora azzurro ho potuto ammirare numerosi craterini sui mari. Diaframmando lo strumento con l’apposito tubo di diaframma fornito dal costruttore, a un’apertura da 18 cm, ho potuto paragonarlo ad un rifrattore apocromatico del diametro analogo o leggermente inferiore. Bisogna anche dire che, una volta abituati alle immagini fornite senza il diaframma, difficilmente ci si accontenta dell’apertura relativa minore, ho potuto quindi riscontrare che è meglio aspettare pazientemente all’oculare dello strumento a tutta apertura, (non per la Luna senza filtro, ma per i pianeti), i brevi momenti di calma atmosferica piuttosto che diaframmare, anche se queste
rappresentano scelte personali.
Giove e Saturno
Sebbene abbaglianti, questi due pianeti si possono osservare magistralmente con questo strumento. Giove mostra particolari dentro la macchia rossa, (particolari visibili anche con aperture minori, certo, ma non con questo grado di dettaglio), le bande sfilacciate e dai colori vivaci, mentre i quattro satelliti galileani si mostrano come mondi a parte, con colori e diametri differenti e su Ganimede, è possibile ammirare macchie d’albedo.
Saturno mostra diverse bande proiettate sul globo, anche in questo caso variamente colorate e sdoppiate, mentre il sistema degli anelli è veramente imponente di color avorio, con la
divisione di Cassini impressionante, e quella di Enke decisamente apprezzabile, con l’anello interno (anello C) che sembra un velo da sposa. Ad alti ingrandimenti, nelle serate di seeing migliore, ho potuto ammirare diverse macchie
(spokes) proiettate sul sistema degli anelli, dove tra l’altro si ha la netta impressione di poter risolvere la sua sottostruttura.
E’ ovvio che i particolari da me or ora riportati, si rendono visibili anche con aperture minori con ottiche eccelse, e che il seeing livella i diametri maggiori con quelli minori per la maggior parte dell’anno, ma anche in questo caso i colori rendono meglio con l’aumentare del diametro, e i dettagli si percepiscono più facilmente per la stessa ragione. In qualunque modo, avere a disposizione un ottica più grande è un vantaggio, senza contare che quando le condizioni di relativa calma atmosferica lo permettono,
sebbene molto di rado, ci consentono di fare delle esperienze veramente straordinarie e indimenticabili.
Ammassi aperti e Globulari
Grazie al grande diametro, è possibile ammirare i colori delle stelle, (anche quelle meno brillanti) negli ammassi aperti, e – oltre ai colori
delle stelle – riuscire a vedere le regioni centrali degli ammassi globulari più spettacolari, con spazi vuoti formanti bande oscure, che attraversando i globulari danno l’impressione di tagliarli a pezzetti. Ricordo una osservazione di M5, un globulare nel Serpente, in condizioni di cielo impossibili: si potevano ammirare i colori delle stelline, decisamente puntiformi, e la zona nucleare “chiazzata” e risolta, oltre che la sua forma ellittica.
Nebulose
Riuscire a vedere dettagli squisitamente fotografici in visione diretta, rappresenta l’aspirazione primaria dell’osservatore visuale. Ho avuto modo di osservare la nebulosa variabile di Hubble, sotto un cielo leggermente velato e con la Luna quasi piena a est, ecco la descrizione:
66X Favolosa. La vedo in un campo pieno di stelle, vicino a una stellina di mv 10,5/11. Osservo una coda brillante e a 153X con filtro SKYGLOW, la sua somiglianza con una cometa diviene palese. Ha una “testa” luminosa e una coda aperta a ventaglio, al di sotto di questa vedo una linea oscura incurvarsi a virgola.
Non sono riuscito a vedere l’Hubble in questo modo con un C14, neanche sotto un cielo di montagna!
Durante una serata con ottima trasparenza, assieme a un collega astrofilo, ho potuto ammirare la nebulosa oscura Testa di Cavallo posta in Orione, senza l’ausilio di nessun filtro.
Anche le nebulose planetarie rendono bene, con la stellina centrale di M57, perfettamente visibile nei suoi periodi di massimo, e la ciambellina ellittica e sfilacciata.
Galassie
Siamo arrivati agli oggetti più elusivi per l’osservatore del cielo profondo: le galassie. Sotto cieli non proprio eccezionali possiamo osservare con un certo profitto praticamente tutti gli altri oggetti celesti, al limite aiutandoci con un ottimo filtro interferenziale, magari a banda molto stretta.
Dalla mia postazione suburbana, ho osservato con profitto sia nebulose planetarie che gassose, e perfino nebulose oscure, per non parlare degli ammassi aperti e globulari, (guarda la descrizione di M5 fatta sopra), ma per quanto riguarda le galassie le osservazioni risultano abbastanza scadenti, e ad eccezione degli oggetti più brillanti di questa categoria, (comunque perdono molto anche loro), non vale la pena ricercar
"universi isola" (per dirla con Kant), da cieli inquinati dalle luci artificiali.
L’Ariete da 20” rende veramente molto sulle galassie; sotto buoni cieli, gli oggetti più brillanti mostrano chiaramente la loro struttura; è possibile distinguere in certi casi se una galassia è una spirale o una spirale barrata, bande di polveri proiettate sul nucleo e/o sul disco, e perfino, in casi particolari, distorsioni mareali in due galassie interagenti.
La struttura in legno
Tutta la gamma dei dobsoniani Ariete, e il modello da 508 mm non fa eccezione, hanno una
montatura in legno marino, del tipo a giorno, con un telone nero elasticizzato (fornito a corredo dal costruttore), per schermare l’ottica da luci parassite, e un cercatore – francamente sottodimensionato per un’apertura di questo tipo – 8X50. Il tutto si monta senza aver bisogno di chiavi, e lo strumento diviene operativo nel giro di otto, dieci
minuti - vogliamo prendercela comoda no?! Il tutto è ben frizionato, (e frizionabile), rendendo i movimenti
docili e senza scatti, (almeno nell’esemplare da me posseduto), con il notevole vantaggio di poter seguire gli oggetti anche ad ingrandimenti abbastanza sostenuti: normalmente seguo abbastanza bene gli oggetti anche a 500X e oltre, risentendo veramente poco della mancanza di un motore orario, anche se la sua presenza potrebbe risultare utile. Ottime le finiture di lavorazione, - il costruttore ha operato nel ramo falegnameria.
Mi è piaciuto
La lavorazione dello specchio. La rapidità di montaggio. Il sistema di manopole
per il montaggio della aste, (anche se un sistema a incastro non guasterebbe). Trasportabilità: lo trasporto in una utilitaria con sedili abbassati. L’ottimo tubo di diaframma. La possibilità di montare un computer per il puntamento degli oggetti, (ho montato un Celestron Advancer Astromaster, il cui test sarà affrontato separatamente). La collimazione si effettua con tre manopole, rendendo questa operazione abbastanza semplice, sia per quanto riguarda lo specchio primario che quello
secondario. L'ostruzione lineare del 20%. L’ottimo focheggiatore a pignone e cremagliera del tipo Crayford, diametro 2” con adattatore da 31,8 mm.
Non mi è piaciuto
Quando lo strumento punta vicino l’orizzonte si rilascia un poco; deve essere quasi parallelo al terreno però!
Giudizio: Discutendo con un amico esperto di strumenti per
stronomia, sul metodo di controllo delle ottiche, mi diceva che, per valutare la correzione sul fronte d’onda di un ottica, il metodo del reticolo di ronchi lascia la strada che trova, bisognerebbe utilizzare altri metodi, ben più complessi. Su questo punto non posso non essere
d’accordo con lui, ma – a parere di chi scrive -, il vero metodo di controllo di un ottica è rappresentato dall’osservazione diretta del cielo. Per quello che mi riguarda, l’Ariete,
ha un ottica ben lavorata, considerando anche il fatto che un 50 cm ha meno occasioni per sfoderare
appieno la sua capacità, rispetto a uno strumento da 10 cm di diametro. Pertanto il mio personale giudizio è largamente positivo. Uno
strumento per chi ama il profondo cielo, e non disdegna gli altri oggetti
celesti, compresi i pianeti.
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